di Terry Gilliam
(Gran Bretagna, 1981)
Sinossi
Kevin è un ragazzino inglese i cui genitori sono schiavi del consumismo e della televisione, insensibili all’inclinazione del figlio per la storia e la cultura in generale. Una notte Kevin viene svegliato nella sua camera da letto da una banda di nani che, sfruttando gli errori commessi da Dio nella creazione dell’universo, compiono scorribande da un’epoca storica a un’altra tramite dei ‘buchi neri’ che fungono da varchi tra le varie dimensioni. Seguendo i nani, che hanno sottratto a Dio la mappa dell’universo, Kevin si ritrova a faccia a faccia con Napoleone, nel medioevo di Robin Hood, alla corte di Agamennone. Ma il Male, che vuole impossessarsi della mappa per distruggere l’universo e rifarlo a propria immagine, trama alle loro spalle: la lotta contro il Maligno sarà tremenda e, solo un intervento dell’Essere Supremo in persona risolverà le sorti a favore del Bene. Incaricati dal Creatore di recuperare tutti i frammenti del Male – andato distrutto nello scontro finale – i nani maldestramente ne dimenticano un pezzo, che finisce per sbaglio nel forno di casa di Kevin: i suoi genitori ne saranno inceneriti. Kevin rimane solo, un po’ perplesso ma forse non così dispiaciuto come ci si potrebbe aspettare.
Introduzione al Film
Novello Alice nel paese delle meraviglie, il piccolo Kevin, protagonista di I banditi del tempo, si trova proiettato dalla sua stanza da letto in una dimensione dalle coordinate spazio-temporali incerte, libero di viaggiare attraverso epoche distanti centinaia di anni tra loro, popolate tanto da figure storiche realmente esistite (Napoleone, Agamennone), quanto da personaggi fantastici (Robin Hood, l’Orco, il Gigante), quanto da entità soprannaturali (Dio, il Male): si tratta, in ogni caso, di quegli eroi che solitamente occupano la fantasia dei ragazzi e che, a volte, contendono a miti più moderni (cantanti rock, stelle del cinema, supereroi dei cartoon) lo spazio sulle pareti delle camere da letto. Terry Gilliam è bravo nel suggerire in maniera quasi subliminale il passaggio dalla dimensione reale a quella immaginaria, e ci riesce proprio attraverso alcuni elementi presenti nella stanzetta del protagonista: il teatrino delle marionette è una copia in scala di quello a dimensioni naturali in cui Kevin si esibirà insieme ai nani davanti a Napoleone, un ritratto del grande stratega francese è appeso vicino al suo letto, così come l’immagine di un galeone del tutto simile a quello dell’Orco, e alcuni disegni di cavalieri medievali che richiamano alla mente l’epoca di Robin Hood. Tutti questi personaggi, comunque, devono sottostare alla dura legge dell’ironia infantile, allo sguardo irriverente di chi mescola disinvoltamente le carte della storia (quella dei libri di scuola) con quelle delle favole (i nani che irrompono nella stanza di Kevin sono copie grottesche di quelli della favola di Biancaneve), così come appende alle pareti della sua camera le immagini dei propri beniamini, incurante delle incongruenze che ciò può produrre. Così, tanto la bassa statura di Bonaparte quanto la generosità di Robin Hood vengono messe alla berlina: se il generale francese è un omino frustrato che, per sentirsi grande, è disposto ad affidare a una banda di nani bricconi il comando del suo esercito, il principe dei ladri ruba sì ai ricchi per donare ai poveri, ma solo per il gusto di umiliare e malmenare questi ultimi. Così, l’unico vero eroe del film è Agamennone, complice, forse, anche la lettura di un libro di storia che Kevin sfoglia affascinato poco prima di andare a dormire, malgrado l’indifferenza ostile del padre e della madre troppo presi da un quiz televisivo. Il bambino sembra quasi voler prendersi una rivincita nei confronti dei genitori quando rivela al saggio monarca greco il proprio desiderio di rimanere per sempre con lui, anche perché si dà il caso che nella finzione schermica a dare il volto a questa figura sospesa tra storia e mito sia Sean Connery, il più celebre tra gli interpreti cinematografici di un altro eroe contemporaneo, l’agente segreto 007. Del resto, sarà ancora Connery, ‘reincarnatosi’ nei panni di un pompiere, a salvare Kevin dall’incendio della sua casa e ad ammiccargli divertito di fronte ai genitori inceneriti dal Male. Malgrado questo finale cinicamente crudele, vero e proprio marchio di fabbrica dei Monty Python (un gruppo di comici divenuto celebre durante gli anni Settanta grazie alla carica demenziale del suo umorismo), I banditi del tempo è un’opera solo in parte riuscita. La comicità folle dei Monty Python – qui del resto ridotti a soli tre membri del gruppo originario: Terry Gilliam, Michael Palin e John Cleese – non è adatta a quello che dovrebbe essere il pubblico privilegiato del film, ovvero quello infantile. Fantasia e ironia difficilmente riescono ad andare a braccetto, e le caratteristiche anarchiche dell’umorismo del gruppo non possono trovare libero sfogo in un film che, come ogni favola che si rispetti, ha l’obbligo di esprimere un insegnamento. Se, infatti, Dio è un distinto signore in doppiopetto grigio che, pur non giocando a dadi con l’universo – come affermava Einstein – ha lasciato dei ‘buchi’ nella sua creazione, il Male, che vuole invadere con centrali nucleari e computer la terra, appare troppo sprovveduto per intimorire seriamente. Il messaggio umanista e vagamente luddista che il film vorrebbe lanciare si scontra, inoltre, con l’impiego diffuso del mezzo digitale per la creazione degli scenari di questa imagerie sicuramente simpatica ma un po’ sgangherata. Fabrizio Colamartino