Lazio, primo report sui minori in comunità

2010/04/07

Censimento ma anche strumento di monitoraggio puntuale della situazione: con questi obiettivi nasce il report I minori presenti nelle strutture residenziali del Lazio, realizzato dal Garante dell’Infanzia e dell’adolescenza della Regione Lazio in collaborazione con la Procura della Repubblica del Tribunale dei minorenni.

Prima di tutto, vediamo i dati principali del report. Al 30 giugno 2009 sono 1261 i minori presenti nelle strutture residenziali laziali, in maggioranza di sesso maschile. La maggior parte ha un’età compresa tra 13 e 18 anni (585). Poco più della metà (il 54%) sono italiani, le altre nazionalità più presenti sono quella afgana (77 minori), egiziana (71) e cingalese (60). Al momento dell’inserimento in struttura, la maggior parte dei minori viveva coi genitori (412, il 46% circa), mentre poco più del 25% proveniva da altre strutture residenziali (240). I minori che vivevano con un solo genitore sono 143 (118 con la madre e 25 con il padre) e 43 (14% circa) si trovavano presso una famiglia affidataria (36) o adottiva (7). Se dal conteggio si escludono i minori stranieri non accompagnati emerge il dato di una forte mobilità tra strutture (più del 16% proviene da un altro centro residenziale) e di un elevato numero di minori che provengono da famiglie affidatarie (5% circa), in conseguenza del fallimento di questo progetto educativo.

Il tempo di permanenza nel circuito della residenzialità è molto alto. Sono infatti 283 i minori ospiti di una struttura da più di due anni, 201 lo sono da più di un anno, 121 vivono in una struttura da più di cinque anni e 5 da più di dieci. Totale: i bambini e adolescenti che vivono da oltre un anno nelle strutture residenziali sono 610 sui 935 dei quali è stato possibile accertare la durata dell’allontanamento. 
 
Per il 29 % (269 minori) la situazione di rischio del suo nucleo familiare (cioè comportamenti dannosi dei genitori) è la ragione principale per cui vengono collocati fuori famiglia. La deprivazione sociale della famiglia (cioè l’incapacità di comprendere i bisogni di sviluppo del minore unite a condizioni di vita precarie) è causa di allontanamento per il 25% (236), mentre 112 minori (12% circa) sono stati collocati in struttura perché privi di supporto familiare, 58 (6% circa) sono entrati in struttura a causa dei problemi psicologici dei genitori e 23 (3% circa) perché vittime di abuso sessuale o maltrattamento. Per i 295 minori stranieri non accompagnati il soggiorno in una struttura era invece l’unica alternativa possibile
 
Il report, scrive nell’introduzione il Garante del Lazio Francesco Alvaro, nasce «dall’assoluta necessità di avere un quadro costante della situazione, non solo per individuare e valutare i fenomeni di mutamento delle condizioni sociali che determinano il ricorso all’accoglienza residenziale, ma anche per ampliare i termini di un dibattito sulla condizione dell’infanzia sotto il profilo dei sistemi di tutela dei minori, delle strategie di sostegno alle famiglie in difficoltà ed infine della stessa qualità dei servizi resi». Non solo, le informazioni raccolte dovranno «costituire la base per un lavoro condiviso, teso ad identificare le aree di criticità e le possibili proposte di miglioramento» con l’obiettivo di «analizzare e approfondire alcune questioni-chiave, come, ad esempio, la durata e la tipologia della permanenza dei minori nelle strutture, la definizione dei programmi di uscita, i modelli di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, le relazioni interistituzionali, l’esercizio della tutela legale, le modalità di consolidamento delle reti territoriali». 
 
«Volevamo conoscere, nei dettagli, "uno per uno", i minori accolti nelle strutture residenziali», spiega Francesco Alvaro. Il documento realizzato è «un buon risultato, ma che avrebbe poco valore se si fermasse qui», perciò si punta «a dare continuità a questo primo Report, attraverso un tempestivo e sistematico aggiornamento dei dati, almeno con cadenza semestrale» e mediante l’uso di un modello unificato della scheda per la trasmissione delle informazioni richieste.
 
Infatti il documento è stato costruito attraverso le schede conoscitive dei minori che le strutture attive nel territorio laziale sono tenute a compilare e inviare semestralmente alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni. Sembra quasi – osserva il Garante - «che ogni struttura abbia adottato una propria scheda, mentre nessuno finora ha sentito la necessità di uniformare tale strumento di raccolta dati: è sicuramente necessario giungere ad una scheda unica della Regione Lazio, così come avviene in altre regioni, al fine di avere in maniera chiara e facilmente usufruibile tutti i dati indispensabili su ciascun minore».
Accanto a questo lavoro, scrive infine Alvaro - «dovremmo trovare modalità innovative per favorire un più convinto coinvolgimento da parte degli stessi giovani, che dobbiamo imparare a guardare non solo come destinatari dell’intervento, ma autentici protagonisti del loro futuro, corresponsabili della qualità delle relazioni con il mondo degli adulti e con le istituzioni in genere». (mf)