Sinossi
Dewey Finn è un chitarrista rock fallito: abbondantemente oltre i trent’anni d’età, è stato cacciato dal suo gruppo perché troppo esibizionista sul palco e vive a casa dell’amico Ned Shneebly cui deve mesi d’affitto arretrati perché disoccupato. Spinto dalla fidanzata Patty, Ned fa a sua volta pressioni su Dewey affinché si trovi un lavoro. L’occasione giunge propizia quando arriva a casa di Ned, che svolge incarichi da supplente, la telefonata della prestigiosa scuola elementare Horace Green per un lavoro a tempo in sostituzione di un altro insegnante resosi indisponibile. Dewey, sentita l’offerta economica, finge di essere Ned e si presenta alla scuola, ottenendo il lavoro. I primi giorni scorrono nel torpore più assoluto: sordo alle richieste dei fanciulli che chiedono di fare lezione, Dewey bivacca in cattedra preoccupandosi solo di far scorrere il tempo fino all’uscita. La situazione muta quando Dewey scopre casualmente che i bambini sono dotati musicalmente: il suo obiettivo, ora, è di formare una rock band durante le ore di lezione in modo da far partecipare la classe alla “Battaglia delle Band”, un concorso per gruppi musicali emergenti. Attento a non insospettire la preside Mullins e ad evitare che i genitori dei ragazzi scoprano ciò che si sta preparando, Dewey riesce ad appassionare al Rock ’n’ Roll anni Settanta la classe, che in un primo momento ignorava anche l’esistenza di tale genere musicale, stimolandoli nell’esecuzione, nelle prove, trovando per ognuno la propria occupazione a seconda delle attitudini e formandoli prestando loro i dischi del periodo. Ciononostante, solo una trovata pietosa e falsa (fingere che la classe provenga da un reparto ospedaliero di malati terminali) permette al gruppo di iscriversi alla competizione. Nel frattempo, tuttavia, l’imbroglio di Dewey è scoperto e il falso insegnante è obbligato a lasciare la classe per le vibranti proteste dei genitori. Ma i ragazzi sono decisi a partecipare ugualmente alla gara: la mattina della competizione, si recano a svegliare Dewey, tornato alla sua vuota negligenza quotidiana, e lo portano con lo scuolabus nel locale in cui eseguono la loro performance. Non vincono, ma la grande capacità mostrata fa in modo che vengano chiamati sul palco per acclamazione, risultando i vincitori morali della gara: a tutto ciò assistono anche, finalmente fieri e soddisfatti, i genitori dei ragazzi, accorsi a causa della loro fuga dalla scuola.
Introduzione al Film
Un autentico sottogenere
L’aula scolastica, nel corso della storia del cinema, è stato spesso un ambiente privilegiato nella rappresentazione delle sue storie, assurgendo, per numero di pellicole dedicate e per perfetta riconoscibilità dei luoghi in cui avviene la messa in scena, ad un vero e proprio sottogenere in cui la struttura, gli spazi, i rapporti tra i personaggi e le caratteristiche di questi, le regole, le convenzioni e i codici imposti dall’istituzione scolastica, gli indirizzi del racconto, i percorsi personali e quelli dell’intero nucleo su cui si concentra la narrazione sono stati delineati grazie all’ingente numero di storie precedenti e si sono cristallizzati nell’immaginario di un pubblico pronto a recepire ogni segnale proposto dalla pellicola. School of Rock fa parte quindi di questo insieme più vasto, nel quale si inscrive con il suo apparato di situazioni pronte a mutare di segno nel corso dello svolgimento della storia. L’unione che si verifica in questo caso, e che rende il film di Linklater curioso e divertente, se non proprio nuovo in senso stretto (si veda oltre), è che la riconoscibilità delle modalità narrative, dei principi alla base del racconto, degli ambienti e delle figure proposte si lega ad un aspetto in un certo modo antitetico dal punto di vista educativo e didattico, ossia al rock ’n’ roll e alla sua carica ribellistica ampiamente pubblicizzata una trentina di anni fa e poi progressivamente integrata nella convenzionalità dello show business, nell’incipiente (e galoppante) vecchiaia (se non addirittura cadente senilità) dei suoi protagonisti, nella massificazione di un discorso incapace di rinnovarsi e quindi destinato ad esaurirsi. Il contrasto nato così dall’unione (spuria) tra una prestigiosa scuola privata americana e la carica eversiva portata dal frastuono Rock anni Settanta - per di più proposto da un insegnante truffaldino e fallito, l’antitesi di ciò che gli allievi dell’istituto saranno nella vita da adulti - prospetta ancora una volta, ma con estremo garbo e delicatezza, il racconto di un cammino compiuto tra le quattro mura di una classe e rivolto verso una nuova consapevolezza, diversa da ciò che l’educazione impone, differente da quello cui i ragazzi sono stati predisposti (durante l’ora di musica i bambini suonano il Concierto de Aranjuez , partitura classica di Joaquín Rodrigo), oltre il loro universo già organizzato per il futuro. Quello che ne scaturisce, come spesso accade in questo tipo di pellicole, è un nuovo tipo di consapevolezza, certo non rivoluzionaria come il film vorrebbe suggerire, ma decisamente positiva per il superamento (anche se solo momentaneo) di quella logica del “destino manifesto” che l’Upper Class americana propone come segno inconfondibile del suo successo.
Il ruolo del minore e la sua rappresentazione
Un’educazione particolare
Non certo immediatamente, visto che i primi tempi in classe lo svogliato Dewey Finn li trascorre piedi sulla cattedra nella lunga attesa che giungano finalmente le tre pomeridiane per poter fuggire dall’istituto Horace Green, ma dopo aver scoperto che durante l’ora di musica quegli stessi allievi di dieci anni con cui trascorre (e fa scorrere) le ore in aula hanno un talento spiccato per la musica, lo stesso grossolano e sfacciato personaggio, fattosi passare truffaldinamente per il coinquilino insegnante, può mettere effettivamente in pratica ciò che aveva detto nel colloquio preliminare con la preside Mullins per dare un’impressione di professionalità e stornare qualunque sospetto: «Come insegnante, mi bastano delle menti da plasmare». Dewey Finn, tuttavia, non intende plasmare menti con illuminanti citazioni letterarie, pindarici versi poetici o destabilizzanti scoperte scientifiche, bensì con alcuni semplici accordi vergati su corda al costante ritmo di quattro quarti. «Quelli che non sanno fare, insegnano; quelli che non sanno insegnare, insegnano ginnastica», dice ad un certo punto Dewey, alias Ned Schneebly, provocando l’ilarità autoironica dei suoi estemporanei colleghi. Non è solo un problema di ginnastica per Dewey, il quale non ha ancora raccolto frutti maturi dal suo ormai ultratrentennale amore per il Rock: la sua band lo ha cacciato e l’ipotesi di un lavoro con cui saldare i debiti arretrati non lo sfiora neppure. Le credenziali di educatore, su queste basi fin troppo smaccate, non costituiscono certo delle referenze apprezzabili: eppure il caso all’interno del racconto lo porta ad avere l’occasione di una telefonata accolta come segno inconfutabile del destino che, sul piano narrativo, diviene l’occasione per mettere a confronto due visioni del mondo antitetiche: quella dei diligenti bambini della “Horace Green” -o meglio delle loro famiglie - che rappresentano la futura classe dirigente degli Stati Uniti (nella quale Linklater, in un eccesso di ottimismo sociale, include tutti i gruppi etnici); quella di Dewey il reietto dalla società (e dalla sua band), la scoria impazzita degli anni Settanta, disadattata e inadeguata, governata da una irrazionale passione. Sulla base di questa marcata differenza sociale, si sviluppa la successiva dissonanza sul piano generazionale, perché Dewey ha poco meno dell’età dei genitori dei suoi allievi e la sua visione del mondo è totalmente differente: i Led Zeppelin di Robert Plant e Jimmy Page, che egli cita per raffrontarli ai contemporanei Christina Aguilera e Paff Daddy indicati dai suoi allievi, sono il segno evidente di un discorso che ha bisogno di altre basi per potersi avviare verso un obiettivo comune. L’elemento aggregante è la passione per la musica che Dewey, pur con tutte le sue simpatiche e folli contraddizioni, riesce a trasmettere agli allievi, la forza dell’espressione personale e della performance che infonde loro, quel sano ribellismo che permette orgogliosamente di «resistere al potente» e di andare oltre il pregiudizio e che vuole il rocker possegga disordinatamente donne in notevole quantità e si dedichi agli stravizi: ciò che l’anomalo insegnante suggerisce con il suo esempio è che la forza del rock e del talento servono anche ad accettare se stessi in relazione al mondo. Come quando Dewey convince ad esibirsi una ragazzina di colore - che, pur avendo una splendida voce non vuole salire sul palco per dimostrare ciò di cui è capace a causa dell’obesità - affermando all’incirca che “anche Aretha Franklin era un donnone, ma quando apriva la bocca per cantare il mondo si fermava ad ascoltarla”. Anche a questo serve il rock, secondo la lezione di Dewey: ad accettare se stessi indipendentemente dai modelli comunemente accettati, indipendentemente da ciò che si sarà domani, per provare soddisfazioni immediate che diano più gusto alla vita. Anche quella di bambini di dieci anni con il futuro assicurato.
Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici
Scuola e musica rappresentano un binomio spesso sfruttato dal cinema: talvolta per mostrare il percorso di un’insegnante - profondamente diverso dal modello offerto dal Dewey di School of Rock - a contatto con una difficile realtà sociale (East Harlem, a New York) e personale (un recente divorzio) come in La musica del cuore (1999), insolita escursione nei toni melodrammatici per l’orrifico Wes Craven; altre per rappresentare la dura scalata al successo degli allievi di un istituto, come in Saranno famosi (1980) di Alan Parker; altre ancora come grottesca narrazione di libertaria lotta contro le istituzioni, come lo scoppiettante Rock ‘n’ Roll High School (1979) di Allan Arkush (girato con l’aiuto di Joe Dante), che vanta la presenza in scena del gruppo newyorchese dei Ramones. Esempi diversi di rappresentazione scolastica in relazione all’utilizzo della musica all’interno del film: di crescita e riscatto nel primo, di realizzazione nel secondo, di chiassosa ribellione nel terzo.