L'ultimo treno

di Yurek Bogayevicz

(USA, 2001)

Sinossi

Polonia, 1942. Romek, figlio undicenne di una coppia ebrea di Cracovia, viene affidato dai genitori a un contadino cattolico, Gniecio, perché lo conduca con sé mettendolo in salvo dalle deportazioni naziste. Giunto al villaggio, Romek fa la conoscenza di Vladek, suo coetaneo, di Tolo, più piccolo di qualche anno, entrambi figli di Gniecio, nonché di Maria, i cui genitori sono stati uccisi dai nazisti. Romek dovrà fingersi cattolico e, per questo, viene affidato al parroco del villaggio, convinto antinazista e fautore di una catechesi basata sui simboli del cristianesimo più scioccanti. L’impatto di questi insegnamenti sul piccolo Tolo è fortissimo: il bambino si immedesima sempre più con la figura di Cristo e un giorno arriva al punto di chiedere agli amichetti di crocifiggerlo. Una notte Romek e Vladek si recano presso la ferrovia per veder passare i treni diretti ai campi di concentramento e scoprono che un ragazzo del villaggio, Robal, armi alla mano, deruba i pochi ebrei riusciti a sottrarsi alla deportazione saltando dai treni in corsa. Intanto Gniecio viene ucciso quando tenta di vendere al mercato nero un maiale che aveva allevato di nascosto: in realtà è stato il padre di Robal ad assassinarlo per impossessarsi del ricavato della vendita. Quando Robal stupra Maria per vendicarsi di Romek che ha scoperto i loschi traffici della sua famiglia, il piccolo ebreo decide di affrontarlo con l’aiuto di Vladek. Sarà costretto a uccidere Robal per aiutare una famiglia ebrea scampata alla deportazione e, successivamente, riuscirà a salvare se stesso e Vladek dai nazisti facendo credere ad alcuni ufficiali che li hanno sorpresi presso i binari di essere ladri intenti a derubare i deportati. Tuttavia, Romek non potrà fare nulla quando vedrà Tolo salire volontariamente su uno dei vagoni piombati in partenza per un campo di concentramento.

Introduzione al Film

Il cristianesimo alla prova della shoah

Il secondo conflitto mondiale, le sue devastazioni e soprattutto l’orrore dei campi di concentramento nazisti sono stati, nel corso degli anni Novanta, al centro di una vera e propria riscoperta da parte del cinema. L’ultimo treno spicca tra i film di recente produzione che hanno affrontato il tema dello sterminio degli ebrei da parte dei nazisti perché, pur attraverso un apparato simbolico a tratti ridondante nonché alcune concessioni ai toni patetici, apre uno spazio di riflessione non solo sulla tragedia degli ebrei polacchi, che in più di tre milioni morirono nei campi di concentramento, ma anche e soprattutto sul ruolo della chiesa cattolica e, più in generale, dei cattolici, di fronte a una serie di crimini di per sé orribili, addirittura inconcepibili per il sentire cristiano. Sia pure indirettamente L’ultimo treno tenta di far luce su due volti contrapposti del cristianesimo: da una parte la mentalità (o visione collettiva che dir si voglia) generata dalla tradizione cattolica che aveva individuato nel popolo ebreo il “colpevole” della morte di Gesù Cristo. Una visione, questa, in base alla quale da sempre gli ebrei erano stati giudicati come esseri inferiori, appartenenti a una “razza” rinnegata (dunque segregati nei ghetti e perseguitati in ogni modo nel corso dei secoli) e che, se non la legittimò mai apertamente, fornì almeno le basi per la nascita di quella parte dell’ideologia nazista che vedeva nello sterminio di massa una sorta di vendetta per un “crimine” commesso quasi duemila anni prima. Dall’altro lato, il film ci rivela l’esistenza di una sorta di “dottrina parallela”, più originaria e svincolata da quella mentalità, basata sull’applicazione del Vangelo nella pratica quotidiana e animata da una visione spontanea della religiosità, che considerava tutti gli uomini, indifferentemente alla loro appartenenza etnica o religiosa, come figli di Dio. È questo il caso del giovane prete che aiuta Romek a nascondere la sua vera identità e che pratica una catechesi all’insegna dei simboli più forti e scioccanti del cristianesimo, secondo una concezione religiosa che vede nel martirio della carne il viatico fondamentale per la salvezza dell’anima (significativa la sequenza in cui il religioso si autoinfligge con il cilicio una punizione corporale per non essere riuscito a salvare dai nazisti una famiglia di contadini). Al pari di questo personaggio, il regista Yurek Bogayevicz, di origini polacche ma attivo negli Stati Uniti nell’ambito del cinema commerciale, sfrutta con abilità gli aspetti più appariscenti dell’iconografia cattolica mettendoli al servizio di un racconto che restituisce, attraverso l’ingenuità di uno sguardo infantile, tutta la crudeltà di una tra le pagine più tristi della seconda guerra mondiale. È proprio il punto di vista dei giovani protagonisti a offrire il destro per una rappresentazione dalla forte valenza simbolica senza che il film scada, tuttavia, in un patetismo eccessivo e improbabile: le realtà della guerra e della shoah, pur trasfigurate in un racconto punteggiato di scene madri e caratterizzato da alcuni personaggi forse troppo schematici, risultano del tutto plausibili all’interno di un’economia della narrazione costruita ad altezza di bambino. Ciò che lascia perplessi, piuttosto, è un finale dal quale non emerge la benché minima traccia del sacrificio del piccolo Tolo (il parroco celebra la prima comunione di Vladek e Maria e, utilizzando un’ostia non benedetta, finge di somministrarla anche a Romek) che, in questo modo, resta semplicemente un terribile “atto di fede”, un sacrificio frutto più dell’ingenuità che del terrorismo psicologico utilizzato dal religioso durante le sue lezioni di catechismo.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Due concetti opposti di salvezza

Il concetto di “salvezza”, come è emerso già nella prima parte di quest’analisi, è un elemento centrale all’interno della struttura narrativa de L’ultimo treno. Dal contrasto tra le vicende traumatiche vissute realmente dai protagonisti e la loro sublimazione simbolica nei fatti della vita di Cristo narrati nel Vangelo scaturisce, infatti, il senso reale del film, che travalica i significati relativi dello stesso concetto di salvezza, tanto nella sua accezione laica, quanto in quella religiosa. Se per Romek la salvezza è un valore profano, essendo “semplicemente” quella relativa alla propria incolumità fisica (il suo tentativo di sfuggire alla deportazione e ai campi di sterminio), nel caso di Tolo si tratta, al contrario, della salvezza dell’anima, che, all’interno della visione prodotta dagli insegnamenti del parroco e della loro coincidenza con i tragici avvenimenti vissuti dalla comunità del piccolo villaggio, diviene per il bambino una vera e propria ossessione. I percorsi dei due giovani protagonisti si presentano, così, assolutamente speculari. Per salvarsi la vita Romek è costretto a rinnegare la propria religione: fin dalla prima sequenza lo vediamo costretto dai genitori a recitare il Padre Nostro per rendere credibile la sua impostura e, per tutta la durata del racconto, continuerà a mentire sulla propria fede religiosa; Tolo, al contrario, metterà in gioco la propria vita perché solo in questo modo riuscirà a sentirsi davvero vicino a quello spirito cristiano cui è stato educato in maniera tanto violenta. Da un lato, abbiamo una visione della vita come bene assoluto che travalica qualsiasi forma di orgoglio per la propria appartenenza religiosa o etnica, un attaccamento al mondo e al presente che mette in secondo piano ideali e dottrine il cui valore diviene relativo nella triste contingenza del momento; dall’altro, l’ingenuo, addirittura inconsapevole desiderio di sublimare la propria esistenza proprio in virtù di quei valori che non hanno libero corso in situazioni di emergenza come quelle narrate nel film. L’ultimo treno, pur nella sua estrema schematicità, costituisce un ottimo esempio della capacità propria dei bambini di rielaborare concetti, valori, idee e soprattutto simboli in maniera personalissima e, quasi sempre, estremizzandone l’applicazione e il senso. Di fronte alla rivelazione delle origini ebree di Gesù Cristo, la reazione di Tolo è profondamente diversa da quella di Vladek, suo fratello maggiore: mentre quest’ultimo, che fino a quel momento aveva disprezzato Romek in quanto ebreo comprende che anche lui è degno di rispetto, Tolo cerca un’identificazione totale con la figura di Cristo (sotto il cappello porta una corona di spine, chiede agli altri ragazzini di essere crocifisso, eccetera), e trova il proprio personale martirio offrendosi letteralmente come olocausto, forse anche con l’intento di riparare al gesto del fratello che decide di farsi giustizia da sé (“Noi non abbiamo più un padre, tuo padre non avrà più un figlio”, afferma Vladek mentre spara a Robal, seguendo alla lettera l’“occhio per occhio, dente per dente” del dettato biblico). Film densissimo a livello simbolico, L’ultimo treno resta, comunque, una pellicola dal significato profondamente ambiguo, ma il cui senso ultimo è chiarissimo. Il bilancio dell’opera di catechesi del parroco, preoccupato della salvezza delle anime dei suoi piccoli fedeli, è per lo meno fallimentare, tanto sul piano della semplice tutela della vita (con il sacrificio estremo di Tolo), quanto su quello dell’evangelizzazione (Vladek, vendicando la morte del padre, disattende l’ideale cristiano di giustizia attraverso il perdono). Resta, su tutto, la condanna, ovvia ma necessaria, degli orrori della guerra: chi attraverso un sacrificio subito (Maria) o cercato (Tolo), chi rinnegando la propria religione e compromettendosi con i propri carnefici per salvarsi la vita (Romek), chi, infine, macchiandosi di un crimine non meno tremendo di quello subito (Vladek), tutti i personaggi del film saranno marchiati dalle tristi esperienze subite che segneranno, al tempo stesso, la loro entrata traumatica nell’età adulta.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici

Il rapporto tra cristianesimo e shoah è al centro di una vera e propria indagine sviluppata nel film di Constantin Costa-Gavras, Amen. (2002), al centro di una serie di polemiche specie in Italia: in quel film un giovane prete cattolico vicino alla curia romana, dopo essersi adoperato in tutti i modi per convincere il papa a impegnarsi per salvare gli ebrei dai campi di concentramento, decideva di seguire la stessa sorte di coloro che aveva tentato di difendere salendo su un treno piombato alla volta di un campo di sterminio. Un personaggio analogo al Romek di L’ultimo treno è quello di Solomon, il giovane protagonista di Europa Europa  di Agnieszka Holland, la cui storia a dir poco paradossale è, tuttavia, tratta dai diari di un ebreo (Solomon Perel), salvatosi fingendo di essere ariano ed entrando a far parte dell’esercito nazista. Fabrizio Colamartino  

E' possibile ricercare i film attraverso il Catalogo, digitando il titolo del film nel campo di ricerca. Le schede catalografiche, oltre alla presentazione critica collegata con link multimediale, contengono il cast&credits e una sinossi. Tutti i film in catalogo possono essere richiesti in prestito alla Biblioteca Innocenti Library - Alfredo Carlo Moro (nel rispetto della normativa vigente).