Internet, il babau che fa paura ai genitori

2009/10/21

In un paese in cui, secondo dati dell'Unione europea, il 50% della popolazione non ha mai usato Internet, la Rete viene presentata periodicamente come il moderno Babau per bambini e ragazzi: da più parti si lancia l'allarme sul web e sui pericoli per i minori ma spesso si trascura l'importanza di un corretto approccio educativo.

Negli ultimi giorni la stampa ha riportato due nuovi esempi dell'ansia che circonda Internet: la campagna informativa lanciata nei giorni scorsi dal Moige, il Movimento italiano genitori e le dichiarazioni di Salvatore Zavaglia, coordinatore della Commissione sanità dell'Ordine degli psicologi della Lombardia.

Dedicata alla sicurezza on line e chiamata Non cadere nella rete!, l'iniziativa del Moige si rivolge a genitori, docenti e alunni della scuola media inferiore e ha «l’obiettivo di diffondere una maggiore consapevolezza su un uso corretto di Internet». Con la collaborazione della Polizia di stato, tra la fine di ottobre e quella di novembre il Moige visiterà 23 scuole medie su tutto il territorio nazionale per diffondere «la conoscenza delle potenzialità e dei rischi della Rete e offrire informazioni semplici ed efficaci per l’utilizzo corretto e sicuro di Internet». La campagna prende l'avvio da un sondaggio su genitori e insegnanti commissionato a SWG. Se è evidente che i ragazzi nativi digitali abbiano molta familiarità col mezzo e con i sistemi di messaggistica, secondo il sondaggio SWG genitori e docenti temono i pericoli in agguato on line. Per esempio, secondo l'indagine «il 55% dei genitori è molto preoccupato di vedere i figli navigare su Internet» e «l’83% dei genitori (più di 8 genitori su 10)» teme soprattutto l'esposizione a siti con contenuti inadatti.

Per Salvatore Zavaglia, coordinatore della Commissione sanità dell'Ordine degli psicologi della Lombardia, il 33% dei ragazzi fino a 18 anni che comunicano via Internet o sms con sconosciuti non ne parlano con genitori o amici. È, a suo avviso, una situazione pericolosa, che potrebbe aprire la strada a conseguenze molto gravi: dal furto d'identità e di dati personali al contatto con pedofili, ma «molti genitori non sono consapevoli dei rischi legati a questi media».

Ma l'allarme e il clamore sovente negativo che circonda la Rete sono giustificati?  Premesso che le campagne sulla sicurezza della rete hanno anche ragioni commerciali perché sono appoggiate e sponsorizzate dalle grandi case che producono filtri, firewall e software di protezione per il pc, un approccio razionale suggerisce che i numeri del web nel nostro paese non giustifichino le ondate di panico che, tra le ultime sparate su Facebook e i video discutibili pescati nel mare magnum di Youtube, periodicamente fanno capolino sui mezzi di informazione. Come dimostrano infatti le statistiche europee ed italiane, Internet rimane un “oggetto misterioso” per la maggior parte degli italiani.

L'ultimo ritratto sullo stato dell'arte della digitalizzazione nel nostro paese è fornito dall'Annual Information Society Report 2009 presentato ad agosto dalla Commissione europea nell'ambito del programma i2010. Il rapporto, usando dati Eurostat, mette a confronto la realtà dei 27 paesi europei sotto il profilo dell'accesso alla banda larga, dell'utilizzo di Internet, dei servizi pubblici disponibili on line e degli aspetti riguardanti l'uso del web da parte delle imprese.
Basta dunque mettere in fila qualche numero. Per esempio, in Italia solo il 37% della popolazione utilizza Internet almeno una volta alla settimana, ma il 50% netto di italiani non ha mai usato la Rete (un balzo avanti rispetto al 62% del 2005, ma questo non basta a evitare le ultime posizioni della graduatoria europea insieme a Cipro, Portogallo e Romania). Anche la banda larga ci relega in coda: raggiunge infatti solo il 19% della popolazione, rispetto al quasi 23% della media europea.

Dati che trovano conferma in quelli presentati recentemente dall'Osservatorio Italia digitale 2.0 di Confindustria, per il quale solo il 52% delle famiglie italiane ha un computer a casa, il 12% della popolazione vive in territori esclusi dalle connessioni a banda larga e 22 milioni di italiani usufruisce comunque di accessi Internet lenti. Non va meglio per i bambini: secondo l'Istat, nella fascia 3-10 anni il 49,3% non ha possibilità di accesso al web, con punte del 60% nelle regioni meridionali.

Per combattere la paura legata a una “novità” che, almeno in Italia, ancora assomiglia troppo a un fenomeno da iniziati sono necessari dunque interventi che educhino al nuovo mezzo. Un esempio positivo può essere quello del progetto Trool promosso dalla Regione Toscana. Attraverso una piattaforma “amichevole”, Trool punta a diffondere l'uso consapevole del web attraverso il coinvolgimento diretto di bambini, genitori e scuole. I dati del primo anno di attività parlano di 2700 utenti registrati (in gran parte studenti) che caricano i propri contenuti sui blog di Trool e interagiscono con gli altri utenti e di oltre 100 laboratori “sul campo” che coinvolgeranno le prime e secondi classi delle scuole primarie in tutte le province toscane. Come dimostrano i tanti esempi dei paesi anglosassoni, il web è la prossima frontiera della conoscenza, della comunicazione e della partecipazione soprattutto per i più giovani. E in un mondo che ormai comunica a livello planetario, i nostri figli non possono rimanere indietro. (mf)