di Danny De Vito
(USA, 1997)
Sinossi
Matilda è una piccola bambina prodigio. A tre anni sa già leggere, a cinque ha già letto mezza biblioteca, e adesso che ne ha compiuto sette è in grado di fare complicatissime operazioni matematiche. La sua vita non è purtroppo semplice e felice. La famiglia che l’ha messa al mondo (Wormwood) è completamente ai suoi antipodi. Il padre Harry è un truffatore (vende macchine usate comprando pezzi di ricambio riciclati e in rottamazione). La madre Zinnie passa le giornate al telefono o a giocare a bingo. Il fratello maggiore di Matilda non sa far altro che mangiare e prendere in giro la sorellina. In più, i Wormwood sono completamente teledipendenti, attaccati alla Tv a vedere programmi-spazzatura. A scuola le cose non vanno meglio, perché la preside Tagliabue è un vero tiranno che si diverte a punire ingiustamente i bambini e a rinchiuderli dentro una stanza buia, impaurendoli e assoggettandoli al suo completo controllo. Solo la maestra di Matilda, la giovane Mrs Honey, nipote della Tagliabue, si dimostra affettuosa e veramente interessata alla sorte dei bambini. Tuttavia anche Mrs Honey non è felice: cacciata dalla propria casa dalla zia cattiva, orfana da quando aveva pochi anni, sospetta che la parente malvagia sia l’assassina del padre. Nel frattempo Matilda scopre che tra le sue capacità c’è anche la telecinesi. Lei riesce a spostare gli oggetti, aprire le finestre, alzare le persone solo con la forza del pensiero. Ammansite queste doti soprannaturali, la piccola bambina decide di usarle per liberarsi della maligna Tagliabue (cacciandola dalla sua stessa scuola) e ridare la casa alla brava maestra. Quando finalmente tutto sembra essere finito bene, il padre di Matilda, sulle cui tracce da giorni c’erano due (stupidi) poliziotti, decide di scappare portandosi dietro tutta la famiglia. Matilda, che non vuole più stare con quei rozzi genitori, fa in modo che Mrs Honey possa adottarla, con sommo piacere di padre e madre che si tolgono un peso di dosso.
Presentazione Critica
Matilda è sveglia, intelligente, con una giusta dose di cattiveria e gusto per la vendetta sottile (si pensi allo scherzo che tira al padre, ossigenandogli i capelli), coraggiosa fino a intrufolarsi nella casa della malvagia Tagliabue, abile nei conti matematici, ma con una sola e vera passione per la lettura. Qualsiasi tipo di libro, ma in particolare i romanzi di avventura e formazione: Dickens, Scott, Melville. Proprio una bambina ‘fuori dal comune’. L’affermazione, in realtà, è valida solo se ci si mette d’accordo sulla parola ‘comune’. Comune per i bambini o comune per la società dei grandi? Se il termine comune è riferito all’infanzia, Matilda, a parte i poteri telecinetici - che rientrano nel carattere favolistico del racconto - e la capacità di far di conto, è semplicemente un po’ più brava degli altri suoi coetanei. Se per ‘comune’ intendiamo invece rispetto agli adulti, allora la bambina - e con lei anche i compagni di classe - è all’opposto del ‘comune’, da un ordinario cui occorre scappare a testa bassa e osteggiare a più non posso, se non fosse che i grandi tengono il coltello dalla parte del manico ed è impossibile ribellarsi ammesso che non si abbiano i ‘superpoteri’. D’altronde gli adulti non fanno altro che ricordare ai bambini che sono loro i più forti (fisicamente) e quindi sono loro che decidono: lo dicono a ripetizione il padre di Matilda, la preside Tagliabue, gli stessi poliziotti dell’FBI. Il mondo degli uomini esce irrimediabilmente sconfitto da questa favola. Un mondo kitch e superficiale, albergato da truffatori, idioti (la madre crede che i poliziotti siano venditori di motoscafi) e scialacquatori di soldi, un mondo telegenico (pieno di arredamenti sgargianti, adatti a trasmissioni tv) e tele-genetico (ovvero generato dalla televisione), dove le persone si fanno incollare su tutto il corpo bigliettoni da cento dollari (come avviene in un quiz televisivo), dove “le scuole ideali – come sostiene la Tagliabue – sono quelle dove non ci sono i bambini”, in un paradosso ‘dadaisticamente’ vero, perché in effetti dovrebbero essere quegli stessi adulti ad andare a scuola, non certo i bambini. Per combattere quest’universo paranoico e psicopatico, i ragazzini hanno due possibilità: o unirsi tutti insieme (come nella scena del ragazzo obeso che mangia una torta gigante per punizione), oppure avere dei ‘superpoteri’, incarnati nel dono della telecinesi della piccola Matilda, scoperto, non a caso, nel momento in cui distrugge con la forza del pensiero il televisore di casa. In particolare nella sequenza della vendetta contro la preside Tagliabue la forza dell’infanzia è rilevata da gesti che occorre sottolineare per la loro valenza dissacrante ed esplicativa: a ribellarsi contro la malvagia preside, sotto il potere della piccola Matilda, sono, innanzi tutto, oggetti tipicamente scolastici come i cancellini della lavagna, segno dell’educazione che si ribella ai cattivi educatori. Dopo altre scorrerie, la Tagliabue finisce sopra un mappamondo e viene fatta girare a più non posso. Anche in questo caso non è celata la critica contro ‘l’onnipotentismo’ degli adulti, che credono di poter dominare la terra. Quando, per ripicca, la donna getta un bambino fuori dalla finestra, costui inizia a volare, evidenziando lo spirito di libertà posseduto da ogni fanciullo. La scena si conclude con la rivolta generale dei piccoli alunni che, finalmente e significativamente uniti, cacciano la preside cattiva, simbolo quest’ultima delle brutture degli adulti. Il film – nella cui seconda parte, a onor del vero, viene un po’ meno lo spirito anticonformista e surrealista che aveva contraddistinto le scene di descrizione della famiglia Wormwood – ha anche il merito di proporre una figura di fanciullo diversa dal solito. Matilda si inserisce nel filone dei bambini soprannaturali (si pensi ai protagonisti di film come L’esorcista, Phenomena, Il villaggio dei dannati) senza possedere quella carica eversiva e demoniaca che giustificava, nei film horror, i loro gesti sovrumani. Pur non avendo dunque uno sfondo di paurosa suspense o un risvolto mitopoietico, Matilda mantiene tuttavia, nella sua figura di brava bambina, un substrato di violenza repressa e cattiveria anarcoide che la rende simpatica ma nello stesso tempo enigmatica, e che conferma, tra l’altro, quel gusto ‘dark’ che guida da sempre la mano del regista Danny De Vito. De Vito, infatti – che si regala la parte splendida e calzante del padre truffatore e dona alla sua vera moglie quella della svanita e ottusa Signora Wormwood – procede, anche in questa favola surreale, nella sua personale demolizione dell’istituto famigliare. Un itinerario iniziato con Getta la mamma dal treno, proseguito con La guerra dei Roses e terminato (per ora) con Matilda 6 Mitica. Marco Dalla Gassa