Figlio di due madri

14/07/2010 Tipo di risorsa Schede film Temi Infanzia Relazioni familiari Titoli Rassegne filmografiche

di Raoul Ruiz

(Francia, 2000)

Sinossi

Camille è un bambino di nove anni, di famiglia altoborghese, che vive con i suoi genitori e non si separa mai dalla sua videocamera, con cui filma in continuazione. Il giorno del suo compleanno, Camille, mentre viene festeggiato dai suoi genitori e da suo zio, chiede alla madre Ariane dove si trovava lei quando lui nasceva. La frase viene interpretata come uno scherzo e la cosa finisce lì. Passato il giorno del compleanno, mentre il padre Pierre si sta preparando a partire per un viaggio di lavoro, Camille chiede ad Ariane di essere ricondotto a casa da quella che dice essere la vera madre, che abita a Parigi. La strana idea sembra per il momento passare, ma il giorno dopo Camille fa la stessa richiesta. Spinta dalla voglia di conoscere la verità, Ariane lo accontenta e lo accompagna all'indirizzo indicato. Entrano in un appartamento dove abita Isabella, una violinista che ha perso il figlio alcuni anni prima, e il cui appartamento è pieno delle foto del figlio morto. Se fosse vivo, il ragazzino avrebbe proprio l'età di Camille. Quando la vede, Camille le va incontro chiamandola mamma. Ariane è stupita, ma capisce che per non perdere il figlio deve permettere a Isabella di entrare nella sua vita. Quando Serge, fratello di Ariane e psichiatra, incontra Isabella, la giudica pericolosa, ne organizza il rapimento e la porta nella clinica di un amico. Camille però è disperato, diventa aggressivo nei confronti di Ariane e poi scompare. Ariane e Serge lo cercano e finalmente lo trovano insieme ad Isabella su una chiatta. La donna si discolpa adducendo come prova la videocassetta girata da Camille nel giorno del suo compleanno: il film è il diario di Camille, in cui il bambino racconta di voler prendere il posto del bambino morto. A questo punto Camille torna a casa con la vera madre. Tutto sembra tornato alla normalità quando Pierre torna dal suo viaggio di lavoro.

Introduzione al Film

L’innocenza perduta

Tratto da un romanzo di Massimo Bontempelli del 1929, Il figlio di due madri, il film di Ruiz è al tempo stesso una riflessione sull’amore filiale e sul mistero dell’identità dei personaggi al cinema. Del romanzo di Bontempelli, infatti, il regista cileno riprende la sovrapposizione dei segni e dei corpi, l’ambiguità delle immagini, che sempre, poeticamente, dicono altro da ciò che indicano ad un primo livello. Camille è ossessionato dalla videocamera a cui consegna quelle che sono le prime immagini del film: la sua casa, i mobili e gli oggetti che la arredano. L’immagine della videocamera è sin dall’inizio l’immagine-fantasma, il doppio del cinema, ciò che permette di vedere altrimenti il mondo, che per Camille può essere giocato in un altro modo, immaginando (e desiderando) di essere altro. In questo senso il film si configura come una riflessione sulla possibilità del cinema e sulla sua ambiguità: la possibilità cioè di moltiplicare le identità, attraverso l’immagine e la sua infinita capacità di significazione, di fare dell’immagine ripresa qualcosa di altro, di misterioso e inconoscibile rispetto al reale. Proprio per questo il percorso di Camille, di Ariane e di Isabella acquista un significato ulteriore. Ruiz lega la tematica bontempelliana del mistero della maternità alla dimensione ambivalente del cinema. Se Bontempelli, vicino in questo senso alla poetica di Luigi Pirandello e di Curzio Malaparte, esplora la dimensione surreale del quotidiano, rappresentato dall’apparente normalità della famiglia borghese, il regista cileno rilegge il tutto alla luce dell’ambiguità che fonda l’immagine cinematografica, in cui il confine tra realtà e immaginazione, tra fantasia e ripresa del vero si confonde, perde i suoi connotati. I personaggi del film non smettono di svelare lati nascosti, elementi sconosciuti della propria personalità, fino a rovesciare completamente l’immagine iniziale (quella della festa di compleanno di Camille), vale a dire l’immagine di una famiglia altoborghese apparentemente serena. Giunti alla fine, ognuno di loro ha recitato un ruolo, o meglio, è entrato in quella recita straordinaria che è la vita dell’attore, in questo caso metafora della vita stessa. L’immagine – ogni immagine del film – è appunto ambigua, perché in fondo attraversata – e in un certo senso determinata – dallo sguardo di Camille, che è a sua volta uno sguardo doppio, demistificante, caratterizzato dalla videocamera da cui il bambino non si separa mai. Ogni personaggio è, come spesso accade nei film di Ruiz, un personaggio molteplice, capace di assumere diversi ruoli, diverse personalità. Proprio per questo, i personaggi de Il figlio di due madri partecipano tutti ad una “commedia dell’innocenza” (come recita il titolo originale del film), una commedia dai molteplici personaggi, tra i quali Camille ha un ruolo chiave, essendo, in un certo senso, il motore della storia (la storia del film e la storia che lui stesso decide di creare), il regista della commedia a cui, volenti o nolenti, tutti gli altri personaggi si devono adattare.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Il bambino astratto

La figura di Camille è una figura centrale del film per più di un motivo. È, di fatto, il motore stesso della storia, dello scambio simbolico tra la madre reale (Ariane) e la madre eletta, sostitutiva (Isabella); il bambino è anche l’autore delle immagini della videocamera che attraversano il film, che ne scandiscono il ritmo, che, alla fine, spiegano (o forse, spiegano solo in apparenza) il tentativo del bambino di far finta di avere una madre diversa. In questo senso, il film non lavora su una rappresentazione reale, verosimile, dei comportamenti e dei rapporti tra i personaggi, ma si sviluppa attraverso delle figure filmiche, dei personaggi-simbolo, delle immagini surreali. Come molti altri personaggi del cinema del maestro cileno, anche Camille è un’immagine concettuale, una figura anzitutto cinematografica e dunque molteplice. Camille è dunque, da un certo punto di vista, non la messa in scena di un bambino reale, ma la rappresentazione della paura materna di perdere il proprio figlio. Il figlio di due madri è infatti, in questa prospettiva, il racconto di una doppia perdita: la perdita reale di un figlio (quella di Isabella, il cui bambino, della stessa età di Camille, è morto qualche anno prima), e quella simbolica (la perdita di Camille da parte di Ariane, che non si sente più riconosciuta come madre, come presenza, come nome, da parte di Camille, che infatti inizia a parlare di lei chiamandola non più “mamma”, ma “Ariane”). La doppia perdita – nonché il trauma simbolico e reale che ne consegue – rappresenta allora il motore dinamico della narrazione. Entrambe le donne sono perdute, reagiscono disperatamente alla loro perdita, cercando di riguadagnare ciò che non hanno più (realmente nel caso di Isabella, simbolicamente nel caso di Ariane). Isabella asseconda il gesto di Camille, che si sostituisce al figlio morto, offrendosi come sostituto affettivo, permettendo alla donna di sentirsi, di nuovo, una madre; Ariane reagisce disperatamente al cambiamento di Camille, che non la riconosce più come madre, tentando in tutti i modi di riappropriarsi del suo ruolo simbolico, senza il quale ella perde la sua identità. Al centro di tutto sta la figura enigmatica di Camille, che attiva il gioco crudele della sostituzione. In questo senso, Camille rappresenta il gioco infantile della sostituzione simbolica della madre che innesca il meccanismo narrativo della sostituzione delle identità. Camille è cioè al tempo stesso una figura astratta e un bambino reale: è l’oggetto dell’amore materno di due donne ed è al tempo stesso il regista della commedia da lui stesso creata, in cui le due donne dovranno recitare loro malgrado. Figura surreale come l’atmosfera che permea tutto il film, Camille è dunque un personaggio misterioso ed enigmatico, e il film, come ebbe a dire lo stesso Ruiz, racconta, in fondo, «dell’infanzia di Don Giovanni».

Riferimento ad altre pellicole e spunti didattici

Proprio la figura di Camille, personaggio enigmatico e misterioso, può costituire un ideale filo conduttore per un percorso sulle patologie del rapporto madre-figlio, unendo insieme film anche molto diversi tra loro, come Psyco (Psycho, USA, 1960) di Alfred Hitchcock, in cui un figlio, letteralmente, si sostituisce alla madre morta per continuare a sentirne la presenza condizionante; come Quarto potere (Citizen Kane, USA, 1941) di Orson Welles, in cui la perdita dell’infanzia – e l’abbandono della madre – sono gli elementi che fondano la personalità del magnate Charles Foster Kane, il protagonista del capolavoro di Welles. La trasformazione di un personaggio in genitore simbolico è anche alla base di uno dei più celebri film di Charles Chaplin, Il monello(The Kid, USA, 1921), in cui non è una madre a perdere il proprio bambino, ma un uomo a diventare, simbolicamente, padre. Sulla perdita simbolica (ed affettiva) dei genitori, si basa la storia di Antoine Doinel, il celebre personaggio protagonista di diversi film di François Truffaut, a partire da I quattrocento colpi (Les quatre cents coups, Francia, 1959). Sulla perdita della funzione simbolica dei genitori “reali” e sulla figura dei genitori simbolici si basano molti film della modernità, anche molto diversi tra loro, come I pugni in tasca (Italia, 1965) di Marco Bellocchio, Il cavaliere della valle solitaria (Shane, USA, 1953) di George Stevens, Mary Poppins(Id., USA, 1964) di Robert Stevenson. Daniele Dottorini  

E' possibile ricercare i film attraverso il Catalogo, digitando il titolo del film nel campo di ricerca. Le schede catalografiche, oltre alla presentazione critica collegata con link multimediale, contengono il cast&credits e una sinossi. Tutti i film in catalogo possono essere richiesti in prestito alla Biblioteca Innocenti Library - Alfredo Carlo Moro (nel rispetto della normativa vigente).