L’impatto della guerra sui bambini, rapporto Save the children [1]
È dedicato ai bambini che vivono nelle zone colpite da conflitti il nuovo rapporto di Save the children The war on children [5], un quadro delle violazioni subite dai più piccoli da cui emerge che più di 357 milioni di bambini – 1 su 6 al mondo – vivono attualmente in aree dilaniate dalle guerre. Il loro numero è cresciuto di oltre il 75% rispetto all’inizio degli anni Novanta, quando i minorenni in tali contesti erano 200 milioni.
Il rapporto mette in evidenza le principali cause del peggioramento delle condizioni dei bambini nei conflitti: la crescente urbanizzazione delle guerre, l’utilizzo di armi esplosive in aree popolate e la natura più complessa e protratta dei conflitti moderni, che hanno messo civili e in particolare i minori in prima linea. «La Siria – si sottolinea nella presentazione dell’indagine - è il paese in cui è più difficile vivere per i bambini che si trovano in aree di conflitto».
I dati Save the children rivelano che tra il 2005 e il 2016 oltre 73.000 bambini sono stati uccisi o hanno subito mutilazioni nell’ambito di 25 conflitti, con oltre 10.000 casi registrati nel solo 2016.
Tra il 2005 e il 2016, inoltre, quasi 50.000 minori sono stati reclutati forzatamente nei gruppi o nelle forze armate. Solo nel 2016, sono stati quasi 8.000 i casi verificati di reclutamento forzato, con la Nigeria a detenere il triste primato con più di 2.000 bambini costretti a unirsi ai gruppi o alle forze armate. Seguono la Somalia e la Siria dove nel 2016 il numero è più che raddoppiato rispetto al 2015.
Altri dati svelano che dal 2005 al 2016 ci sono stati oltre 14.300 casi di minori rapiti e sequestrati, con il picco registrato nel 2015 quando i casi ammontavano a oltre 3.400.
Il rapporto analizza anche un altro aspetto: l’istruzione dei bambini che vivono nelle aree colpite da conflitti. Dall’indagine emerge che oggi, nel mondo, 27 milioni di minorenni sono tagliati fuori dall’educazione a causa delle guerre, perché sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni, perché le loro scuole sono state distrutte o danneggiate oppure perché i loro insegnanti sono fuggiti. Tra il 2005 e il 2016 si sono infatti registrati oltre 15.300 attacchi che hanno avuto come obiettivo scuole e strutture sanitarie, con un incremento del 100% in un decennio. In particolare, il 2017 si è rivelato uno degli anni peggiori per quanto riguarda gli attacchi verso le strutture educative, con almeno 2.000 attacchi verificatisi in Yemen e in Repubblica Democratica del Congo, il 400% in più rispetto al 2015.