Sarafina! Il profumo della libertà

Sinossi

1986: nel Sud Africa dell’Apartheid una classe di studenti di colore di una scuola superiore vive il fermento della lotta alle leggi razziali. Tra questi c’è Sarafina che sogna di diventare una grande star del cinema e intanto dialoga con Nelson Mandela del quale ha una foto appesa in camera, chiedendogli consigli su come affrontare la crescente voglia di ribellione dall’oppressione. La scuola diventa il luogo in cui confrontarsi e ricevere stimoli, in particolare grazie alla professoressa di storia, carismatica e capace di trasmettere ai suoi studenti l’amore per la libertà e l’uguaglianza. Se nella scuola i ragazzi respirano il vento del cambiamento, però, la loro vita quotidiana è fatta di soprusi e disuguaglianza, ingiustizia sociale e povertà. Tra i poliziotti corrotti e violenti e il pattugliamento dell’istituto scolastico costante da parte dei militari, i ragazzi decidono di trasformare la loro protesta in uno spettacolo teatrale: aiutati dalla professoressa cominciano a preparare un musical in cui si immagina il Sud Africa all’indomani della liberazione del leader Nelson Mandela. Questo tipo di passatempo però non viene visto di buon occhio dai militari bianchi che ben presto arrestano la professoressa scatenando la ribellione dei ragazzi. La situazione precipita in maniera tragica in una spirale di violenza: per sedare la rivolta l’esercito spara sugli studenti uccidendone alcuni; l’odio monta fino a portare i ragazzi a liberarsi del feroce poliziotto di colore Sabela, che viene prima accerchiato poi bruciato vivo. Seguono arresti a tappeto e torture a tutti gli studenti della scuola. Anche Sarafina che, accecata dall’odio ha partecipato all’uccisione di Sabela, è costretta a subire umilianti sevizie, viene a sapere dalle guardie che la professoressa è stata uccisa simulando un suicidio. Una volta scarcerata Sarafina ha sviluppato una nuova consapevolezza e maturità che la portano a superare l’odio e a decidere di combattere con la forza delle idee e delle parole. Ora vede con occhi diversi anche il sacrificio della madre che da anni lavora come cameriera per una famiglia di bianchi, e decide di portare a termine il progetto del musical anti-apartheid dal titolo “Freedom is coming tomorrow” sulla liberazione di Mandela. Sarafina ora non ha più bisogno di dialogare con Mandela: lei stessa si è trasformata in Mandela perchè ha capito che per sconfiggere l’ingiustizia ognuno deve fare la sua parte.

Introduzione al Film

La rivoluzione della musica Tratto dall’omonimo musical, Sarafina! mantiene una struttura a quadri tipica delle versioni cinematografiche di spettacoli teatrali. In questo caso, poi, il film di Roodt si rifà ad una sorta di meta-musical, in cui all’interno di un musical ci sono dei protagonisti che stanno organizzando un musical: contenuto e contenitore vengono dunque a mischiarsi e confondersi, e con essi anche realtà e fantasia. La storia prende le mosse proprio da una serie di fatti drammatici realmente accaduti nel 1986 in Sud Africa, con la feroce repressione di centinaia di studenti di colore che protestavano per l’ingiustizia delle leggi razziali da parte dell’esercito. Nelson Mandela, leader ed ideologo della lotta contro l’Apartheid, incarcerato anni prima, diventa il simbolo ed il punto di riferimento della protesta. Come ci racconta in maniera tangenziale il film, la protesta assunse forme disparate: dalle manifestazioni di piazza al boicottaggio dei negozi gestiti dai boeri fino agli atti di teppismo verso qualsiasi edificio o istituzione che fosse simbolo dell’oppressione. La scuola con le sue regole, come ci mostra la sequenza iniziale del film, diventava allora sia una forma di controllo, e come tale doveva essere combattuta e distrutta, ma anche grande opportunità di riscatto e di educazione ai valori basati sul rispetto dei diritti civili. Per quanto piuttosto schematico, il film mostra in maniera molto evidente questa ambivalenza, con la professoressa interpretata da Whoopi Goldberg che incarna il potere, e di conseguenza la grande responsabilità, di chi è chiamato a formare la coscienza, in particolare quella critica, degli adolescenti. L’intento del film è senza dubbio apprezzabile ed importante, costituendo una testimonianza imprescindibile di fatti forse poco noti. Il fatto poi che il mezzo scelto per comunicare il messaggio sia la musica ne favorisce la diffusione. La musica e il ballo diventano inoltre una contrapposizione culturale, un modo da parte della popolazione di colore per ribadire la propria unicità, il proprio valore ed il valore inestimabile delle proprie tradizioni culturali. Senza dubbio, però, l’insistito riferimento musicale e coreografico pesa sulla versione cinematografica molto più di quanto non potrebbe succedere in uno spettacolo teatrale. Lo scorrere della storia, raccontata nei suoi toni drammatici anche con la scelta di immagini molto crude, rischia di essere interrotta dagli inserti musicali. In un musical a teatro la presenza delle coreografie che spezzano anche momenti di grande tensione può essere percepito come un espediente logico e fluido, mentre nel film l’effetto rischia di essere un allontanamento, un calo della partecipazione, fonte di scetticismo nei confronti della vicenda narrata. Inoltre non giova alla versione italiana del film la mancanza dei sottotitoli, a causa della quale si perdono interi passaggi narrativi oltre al senso degli stacchi musicali.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Superare l’odio Sarafina, la protagonista del film, si trova in un’età molto delicata in cui gli stimoli culturali che arrivano dall’esterno vengono assorbiti istantaneamente senza il filtro della riflessione. È il passaggio dall’adolescenza alla maturità, attorno ai 17-18 anni, in cui vi è lo sviluppo della coscienza critica, la nascita dell’interesse per ciò che accade intorno, la forte, a volte estrema, scelta di precise idee politiche. Trovandosi poi a crescere in Sud Africa proprio nel periodo di passaggio tra l’oppressione dell’Apartheid e il superamento delle discriminazioni, la protagonista si trova a vivere esperienze singolari e tragiche. In situazioni come queste i ragazzi di quell’età possono reagire in maniera anche molto violenta: la prima sequenza ci mostra un gruppo di giovani che scagliano bottiglie incendiarie all’interno della scuola, nel tentativo di sfogare la propria rabbia e la propria frustrazione contro chi cerca di intimidirli, addormentare le loro coscienze e anestetizzare i loro ideali; una reazione sbagliata dettata da una oppressione insostenibile. Sarafina è invece più intelligente dei suoi compagni e meno impulsiva. Per questo si lega molto alla professoressa di lettere che rappresenta una risposta diversa, più efficace, alle provocazioni e alle oppressioni. La professoressa rappresenta la terza via, quella che si pone tra il compromesso umiliante (la madre che lavora come cameriera per una famiglia di bianchi) e la rivolta cieca e violenta (i compagni che fomentano boicottaggi e teppismi). La professoressa cerca di mostrare ai suoi alunni la forza della conoscenza, il potere delle idee e il coraggio di lottare pacificamente per la giustizia. Sarafina trova dunque in lei una sorta di emblema, proprio come il personaggio immaginario a cui indirizza le sue riflessioni ed i suoi dialoghi interiori, un Nelson Mandela perfetto e distante come una fotografia. Una risposta al bisogno di urlare i propri diritti, allora, può essere rappresentato proprio dall’arte drammatica, con il musical che diventa la voce degli studenti, la voce di un popolo, la voce di una cultura che pretende di non scomparire. Il musical diventa il sogno, la piacevole ossessione della protagonista, ma la repressione arriva a privarla del suo unico punto di riferimento e della possibilità di realizzare i suoi sogni. Ecco allora che Sarafina si trova in balia dell’odio, un male oscuro che rischia di attecchire definitivamente nel terreno fertile della sua coscienza non ancora sviluppata. Se il germoglio della nonviolenza invece finisce per prevalere ciò avviene anche perché la protagonista sperimenta in prima persona la ferocia dell’odio, un male potente che la porta a desiderare e mettere in pratica la morte violenta del nemico tra atroci sofferenze; è lo stesso odio che poi le viene ricambiato in una spirale inarrestabile di torture fisiche e psicologiche che vorrebbero annullare la sua capacità di pensare e ragionare. Sarafina riesce invece ad uscire dalla prigionia con una nuova consapevolezza che le permette di non farsi annientare dai lutti e dalle perdite ma di mantenere una determinazione ormai incrollabile. Ora è il punto di riferimento di se stessa e può vivere in prima persona i propri ideali, agirli piuttosto che esserne agita. Nel suo riconciliarsi con la madre c’è tutta la gratitudine e la comprensione di chi ha capito che le cose vanno cambiate e migliorate dall’interno con la forza delle idee. Le idee e gli ideali forti non possono che portare alla libertà e alla giustizia. Se non oggi, domani.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici

Il film, adatto soprattutto a studenti delle scuole medie superiori, può essere un prezioso strumento per approfondire la vicenda storica del Sud Africa e, più in generale, i meccanismi della discriminazione razziale e della repressione. Il linguaggio e lo stile del racconto sono piuttosto datati, ma il fatto che i protagonisti stessi siano studenti favorisce l’immedesimazione da parte degli spettatori. Per un ulteriore approfondimento sul tema dell’educazione e della scuola come luogo in cui sviluppare una coscienza critica si consiglia anche la visione di L’attimo fuggente di Peter Weir, Les choristes – I ragazzi del coro di Christophe Barratier, Mona Lisa Smile di Mike Newell, School of Rock di Richard Linklater, La scuola di Daniele Lucchetti. Ludovico Bonora