Istruzione dei minori stranieri

Consiglio dell'Unione europea, conclusioni del 26 novembre 2009 - Ministero dell’istruzione, circolare 8 gennaio 2010  Il Consiglio dell’Unione europea con le conclusioni del 26 novembre 2009 – pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’11 dicembre 2009 (C 301) – interviene, a più di trent’anni dall’emanazione della direttiva 77/486/CEE sull’istruzione dei bambini migranti.

Su questo tema invita con forza gli Stati membri a prendere misure appropriate a vari livelli (locale, regionale o nazionale) per garantire a tutti i bambini eque opportunità di istruzione e il necessario sostegno per sviluppare al meglio le loro potenzialità indipendentemente dalla loro provenienza. Le azioni raccomandate dal Consiglio agli Stati membri, infatti, sono volte a rafforzare (e ove assenti istituire) meccanismi di lotta contro la discriminazione, aumentare la permeabilità dei percorsi scolastici ed eliminare gli ostacoli all’interno dei sistemi scolastici prevedendo una specifica formazione sulla gestione della diversità linguistica e culturale da parte dei direttori scolastici, degli insegnanti e del personale amministrativo per renderlo in grado di adattarsi alle esigenze di scuole o classi con alunni provenienti da un contesto migratorio. Ciò allo scopo di consentire agli alunni di realizzare completamente le loro potenzialità e di migliorare la qualità dell’istruzione impartita nelle scuole cercando, ove necessario, anche di attirare o mantenere gli insegnanti più preparati. Il Consiglio, per i casi più difficili, invita gli Stati a offrire un sostegno individuale agli studenti, in particolare ai figli di immigrati che presentano un basso livello d’istruzione, perché, sebbene numerosi bambini provenienti da simili contesti abbiano svolto con successo il proprio percorso scolastico e, alcuni di essi, abbiano raggiunto ottimi risultati scolastici, tuttavia gli indicatori nazionali e gli studi internazionali concordano nell’indicare chiaramente che il livello d’istruzione della maggior parte dei figli di immigrati tende a essere sensibilmente inferiore a quello dei loro coetanei e questo si traduce in una maggiore percentuale di casi di abbandono scolastico, (soprattutto per coloro che alle differenze linguistiche e culturali tra casa e scuola associano circostanze di disagio socioeconomico). Infine la Commissione europea viene sollecitata anche a facilitare e sostenere la cooperazione tra gli Stati membri sulle questioni sollevate nelle presenti conclusioni, anche individuando le esperienze e le buone pratiche esistenti e promuovendone lo scambio, la raccolta e la diffusione, avvalendosi dei programmi comunitari esistenti anche per esaminare in che modo gli obiettivi della direttiva 77/486/CEE del Consiglio possano essere raggiunti efficacemente in un contesto migratorio che è profondamente cambiato dalla sua adozione. A questo proposito deve essere ricordato che con la circolare n. 2 dell’8 gennaio 2010, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Dipartimento per l’istruzione, è intervenuto sul tema degli alunni con cittadinanza non italiana proprio a causa delle varie criticità sorte per la presenza nelle scuole di bambine e bambini di diversa provenienza sociale, culturale, etnica spesso caratterizzati da una conoscenza della lingua italiana assente o, quantomeno, scarsa. Per questi casi la circolare propone che, al fine di migliorare la situazione scolastica italiana, il numero degli alunni con cittadinanza non italiana presenti in ciascuna classe non superi, di norma, il 30% del totale degli iscritti. Tale limite può entrare in vigore già dall’anno scolastico 2010-2011 nel seguente modo: a partire dal primo anno della scuola dell’infanzia e dalle classi prime sia della scuola primaria, sia della scuola secondaria di I e di II grado. Questo nuovo limite può essere innalzato, con determinazione del Direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale, a fronte della presenza di alunni stranieri già in possesso delle adeguate competenze linguistiche e, viceversa, può essere ridotto a fronte della presenza di alunni stranieri per i quali risulti una padronanza della lingua italiana non sufficiente a una compiuta partecipazione all’attività didattica.   Tessa Onida  

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