Progetto "Pippi", giornate di studio a Bari [1]
Il futuro del welfare nelle città metropolitane è il tema delle giornate di studio promosse dall'assessorato al welfare del Comune di Bari [2] che si terranno il 2 e 3 maggio nel capoluogo pugliese. Due incontri per riflettere sugli strumenti, le metodologie e le nuove politiche per le famiglie e per l'inclusione sociale e lavorativa, a partire dalle esperienze dei progetti Pippi e Pin, finalizzati il primo alla prevenzione dell'allontanamento dei minori dalle famiglie di origine e il secondo all'inserimento socio-lavorativo di persone svantaggiate. Il programma prevede un workshop e due convegni, a cui parteciperanno esperti nazionali e locali.
La prima giornata e la mattina successiva, dedicate a Pippi, saranno l'occasione per proporre una riflessione sul Programma di intervento, ma anche per creare le condizioni sociali e culturali favorevoli per la prosecuzione delle attività sperimentate grazie all'iniziativa dopo la sua conclusione, che avrà luogo a dicembre 2012. Il progetto - promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali [3] in partenariato con l'Università di Padova [4] e dieci città riservatarie [5] (Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Torino e Venezia) mira a prevenire l'allontanamento dei minori con interventi finalizzati al pieno coinvolgimento delle famiglie in difficoltà e orientati a sperimentare forme innovative di collaborazione tra mondo del sociale e mondo della scuola. I nuclei familiari che vi prendono parte sono complessivamente cento (dieci per ogni città riservataria). Pippi ha previsto, fra le altre cose, la costituzione di équipe multidisciplinari di professionisti dei servizi.
Il pomeriggio del 3, invece, si terrà il convegno Politiche di inclusione socio-lavorativa di persone in condizioni di svantaggio: esperienze e prospettive a confronto. La prima parte dell'incontro è dedicata al progetto Pin, promosso dall'assessorato al welfare del Comune di Bari e gestito dall'Associazione temporanea di impresa costituita dal Consorzio Meridia e dalla Comunità terapeutica Lorusso Cipparoli con l'obiettivo di favorire percorsi di reintegrazione sociale di venti persone entrate nel circuito delle dipendenze. L'appuntamento proseguirà con una discussione sulle politiche attive del lavoro in Italia e si concluderà con la tavola rotonda Le politiche attive del lavoro in Puglia: prospettive di sviluppo.
Alle due giornate, organizzate in collaborazione con il Consorzio Meridia [6] e la Fondazione Giovanni Paolo II onlus [7], interverranno, tra gli altri: Maria Cecilia Guerra e Raffaele Tangorra, rispettivamente sottosegretario e direttore generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; Adriana Ciampa, dirigente del Ministero; Paola Milani, docente all'Università di Padova e responsabile scientifico del Programma nazionale; Ludovico Abbaticchio, assessore al welfare del Comune di Bari e Anna Campioto, assistente sociale referente del progetto per il Comune di Bari. In occasione degli incontri saranno allestite la mostra Oda - Oli d'artista e l'esposizione di abiti di alta sartoria Cangiari: la cooperazione sociale per cambiare la Locride.
Del Programma di intervento per la prevenzione dell'istituzionalizzazione abbiamo parlato con Paola Milani, che ci ha illustrato come è nata questa iniziativa e qual è il ruolo degli operatori coinvolti, riportando un primo bilancio dell'esperienza portata avanti nelle città che hanno aderito a Pippi.
Come nasce il progetto? Ci sono esperienze significative, a livello internazionale e nazionale, che lo hanno ispirato?
L'Università di Padova è inserita in una rete internazionale di cui fanno parte ricercatori di diverse università di tutto il mondo che si occupano di tematiche legate al sostegno alle famiglie. Siamo quindi entrati in contatto con alcuni colleghi canadesi, inglesi, olandesi, francesi e di altri Paesi impegnati in esperienze simili. Un altro riferimento è l'esperienza realizzata in Veneto. Un nostro gruppo ha lavorato con la Regione nell'elaborazione di linee guida regionali sull'affido familiare e altri temi: in quell'occasione ci siamo resi conto che il tassello che mancava era il lavoro di sostegno alle famiglie di origine. Ulteriore elemento che ha ispirato il progetto è l'esperienza del gruppo di ricerca che ha redatto il Quaderno 48 – Accogliere bambini, biografie, storie e famiglie del Centro nazionale.
Il progetto Pippi è il primo del genere nel nostro Paese?
Sì. Sono stati realizzati, nel passato, progetti di prevenzione dell'allontanamento dei minori dalle famiglie di origine, ma si tratta di iniziative generiche, che non sono articolate e strutturate come Pippi. Il programma del Ministero è centrato sui contenuti dell'intervento, cioè su azioni specifiche con le famiglie, che sono poi valutate: la sua peculiarità è quella di unire il metodo al contenuto. La risposta dell'allontanamento non è più adeguata rispetto a una serie di situazioni intermedie emerse negli ultimi anni. Occorre capire quali sono le famiglie per le quali è necessario allontanare i minori e quali, invece, quelle per cui vale la pena realizzare altri interventi ottenendo buoni risultati: è questo l'obiettivo di Pippi.
Quali sono i professionisti dei servizi coinvolti?
L'équipe multidisciplinare è composta dall'assistente sociale responsabile del caso, l'educatore professionale e lo psicologo. Figura, quest'ultima, di cui si fa più fatica a garantire la presenza in alcune città coinvolte nel progetto. Il problema è dovuto alla difficoltà dei rapporti tra comuni, che gestiscono il progetto, e aziende sanitarie, da cui quasi sempre dipendono gli psicologi.
Pippi ha previsto una formazione ad hoc degli operatori?
Sì, abbiamo organizzato diversi incontri formativi. Il gruppo scientifico che segue gli operatori coinvolti nel progetto è composto da docenti, giovani ricercatori e due professionisti dei servizi. La formazione è un punto chiave del programma: l'obiettivo è quello di formare gli operatori affinché continuino a utilizzare, anche dopo la conclusione dell'iniziativa, il metodo di lavoro e gli strumenti sperimentati grazie al progetto e li condividano con i colleghi.
Com'è orientato l'intervento di sostegno alle famiglie?
L'idea di base è che al centro dell'intervento non ci sia il bambino, ma il mondo del bambino. Il lavoro degli operatori si concentra, dunque, sugli “aggiustamenti relazionali” da fare all'interno della famiglia, sulla relazione tra il bambino e i genitori e sulle relazioni tra i minori, i genitori e l'ambiente esterno. Uno dei dispositivi di azione previsti dal programma è quello delle “famiglie di appoggio”, che hanno il compito di offrire alla “famiglia target” a cui si rivolge il progetto un sostegno concreto nella vita di tutti i giorni.
Quali sono le principali difficoltà incontrate nella realizzazione di Pippi?
Uno dei nodi critici emersi riguarda il sistema di collaborazione tra servizi istituzionali e servizi del privato sociale. In questo momento gli operatori dei servizi, sovraccarichi di lavoro, hanno trascurato il rapporto con la società civile e fanno fatica a trovare le famiglie di appoggio. Una città che ha fatto grandi passi su questo punto è proprio Bari. Un altro nodo critico è la mancanza di dialogo tra gli operatori e gli insegnanti.
Quali, in sintesi, i punti di forza e le criticità del progetto?
Uno dei punti di forza è sicuramente l'approccio proposto da Pippi alle famiglie, vere protagoniste del progetto. Un punto critico riguarda, invece, gli operatori, che avrebbero avuto bisogno di tempi più lunghi da dedicare alla formazione. Il progetto rappresenta, in conclusione, una grande risorsa, che s'inserisce, però, in un momento storico di forte crisi.
(Barbara Guastella)
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