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Seconde generazioni inserite e poco ottimiste [1]

12/04/2011

Amano vestire alla moda, non frequentano le discoteche, non saltano la scuola e pensano di non avere nessuna possibilità di cambiare il mondo, o di averne poche. E' il ritratto degli adolescenti di seconda generazione che emerge da una recente ricerca della Fondazione Silvano Andolfi [2], presentata il 4 aprile scorso a Roma. L'indagine Le seconde generazioni e il problema dell'identità culturale: conflitto culturale o generazionale? ha coinvolto 751 adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 19 anni - di cui 414 di origine straniera e 337 di origine italiana (gruppo di controllo), in gran parte reclutati all'interno delle scuole superiori – con l'intento di indagare sulla loro percezione della realtà che li circonda. La ricerca, si legge nell'introduzione, «nasce dal desiderio di studiare il fenomeno seconda generazione indagando sul sentimento di questi adolescenti in relazione alla costruzione della propria identità nella dimensione personale, familiare e sociale». Tanti gli aspetti presi in considerazione, fra cui: la composizione del nucleo familiare, il rapporto con i genitori e con il paese d'origine, le abitudini, il rapporto con la scuola, le aspirazioni professionali, la partecipazione alla vita sociale e politica. Poco meno della metà del campione di adolescenti stranieri è nato in Italia, mentre gli altri si sono trasferiti nel nostro Paese nei primi anni di vita. Si tratta di ragazzi in prevalenza di religione musulmana (44 per cento) e in secondo luogo cattolica (33,8 per cento), provenienti da famiglie spesso più numerose di quelle italiane. Tra le madri, la percentuale delle casalinghe è circa un terzo del campione, mentre quasi la metà delle madri lavoratrici è collaboratrice domestica o badante. I padri, invece, sono prevalentemente operai (40,1 per cento) oppure svolgono altri mestieri, sempre inseriti nelle fasce medio basse del mercato. Secondo i giovani coinvolti nell'indagine, le loro famiglie rispettano la società italiana e la sentono simile alla propria «molto più di quanto non lo facciano gli italiani stessi che affermano, in percentuale maggiore, che le loro famiglie disprezzano la nostra società e non credono di somigliarle». Ben il 64,5 per cento degli adolescenti stranieri, inoltre, considera la propria famiglia come una risorsa per l'integrazione. Passando alle abitudini, i giovani di seconda generazione si sentono inseriti nel tessuto sociale e risultano poco trasgressivi: hanno amici, navigano sul web, ascoltano molta musica e, oltre a non frequentare le discoteche, non fumano, non bevono e quasi mai fanno tardi la sera. Sul fronte scolastico, le difficoltà di apprendimento e di integrazione diminuiscono mano a mano che i ragazzi diventano più grandi. Con il passare del tempo anche i rapporti con i compagni sono sempre più buoni. Aumentano leggermente, invece, le difficoltà con gli insegnanti e quelle dovute alla poca voglia di studiare. L'università, infine, non è un obiettivo primario: soltanto il 40,1 per cento del campione intende continuare a studiare. L'ultima parte della ricerca approfondisce il tema della partecipazione sociale. Dall'indagine emerge che «la maggioranza degli adolescenti afferma di non svolgere mai attività a carattere sociale, siano esse volontariato o partecipazione a sfondo politico o culturale. Non arrivano a un quarto del campione coloro che fanno volontariato qualche volta e scendono al 3 per cento coloro che lo fanno regolarmente». Ben il 76,7 per cento degli adolescenti, infine, pensa di non avere nessuna possibilità di cambiare il mondo, o di averne poche. Gli ottimisti non raggiungono nemmeno un quarto dell'intero campione. L'indagine è finanziata dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro [3]. (bg)

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