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Genitori e videogiochi, un rapporto controverso [1]

27/10/2010

Nonostante i videogiochi siano parte integrante della vita quotidiana delle famiglie e svago spesso condiviso da padri, madri e figli, in molti genitori prevale ancora un atteggiamento diffidente: è quanto emerge da un'indagine di Aesvi [2] sull'atteggiamento dei genitori italiani nei confronti dei videogiochi.

Dall'indagine - realizzata in collaborazione con l'Ispo [3] (Istituto per gli studi sulla pubblica opinione) e presentata il 21 ottobre scorso a Roma al Games forum 2010, evento organizzato da Aesvi (Associazione editori software videoludico italiana) – emerge che i videogiochi – divertimento quotidiano di 7 famiglie su 10 - rimangono un argomento dibattuto fra gli adulti.

Il 20 per cento dei genitori intervistati, infatti (40 per cento se si prendono in considerazione quelli di età compresa tra i 25 e i 34 anni), esprime posizioni nettamente favorevoli e gioca abitualmente con i propri figli, mentre nel 35 per cento del campione prevale ancora un atteggiamento diffidente. Le divergenze di opinione, tuttavia, sembrano essere legate alla specifica conoscenza del tema: le principali resistenze e paure vengono prevalentemente da genitori non giocatori; l'uso diretto dei videogiochi, invece, ne favorisce l'accettazione e riduce la portata dei pregiudizi e il timore per presunti pericoli. Secondo i dati forniti dall'indagine, poi, oltre il 40 per cento dei genitori italiani che giocano su base quotidiana attribuisce al videogioco un ruolo chiave nella relazione con i figli, ritenendolo uno strumento ideale per condividere esperienze e divertimento, creare complicità e rinsaldare la relazione.

Fra i diversi aspetti presi in considerazione dallo studio c'è anche il tempo di gioco: la maggioranza dei genitori (6 su 10) dichiara che i figli in media giocano fino a un'ora al giorno. Pochi (il 7 per cento dei genitori con figli videogiocatori) dichiarano che i figli giocano oltre le due ore al giorno. Per quanto riguarda, invece, le modalità di gioco, l'indagine rivela che la metà dei ragazzi gioca prevalentemente in compagnia, mentre 2 su 10 giocano abitualmente con i genitori.

L'opinione di padri e madri sui videogiochi è poco ideologica: il videogioco non è considerato «un contenuto negativo o positivo a priori, ma è declinato nell'esperienza quotidiana della famiglia, e solo in quel contesto assume, di volta in volta, elementi di positività o negatività», si legge nello studio. L'81 per cento dei genitori, inoltre, crede che, sempre o almeno talvolta, video-giocare faccia aumentare le capacità di usare le tecnologie.

Al Games forum 2010, insieme all'indagine di Aesvi è stata presentata un'altra ricerca, condotta dall'Università di Roma La Sapienza [4] per conto di Adiconsum [5], che esplora il rapporto tra preadolescenti e videogiochi. La ricerca approfondisce i possibili effetti positivi e negativi dell'utilizzo dei videogiochi da parte dei ragazzi, ma anche il rapporto tra genitori e figli nell'uso e nella conoscenza degli stessi. Tanti gli aspetti analizzati nell'indagine: fra questi, il tempo di gioco, i videogiochi utilizzati, l'imitazione-identificazione con i personaggi, il monitoraggio dei genitori. Dai risultati emerge il profilo di un “videogiocatore tipo” lontano dagli stereotipi negativi che lo ritraggono come una persona sola davanti a uno schermo, estraniata dal mondo circostante.

«Alla luce dei risultati emersi attraverso le indagini, appare evidente l'importanza dell'informazione», si afferma nella presentazione [6] delle due indagini pubblicata sul sito di Aesvi. Proprio per questo l'Associazione editori software videoludico italiana e Adiconsum lanceranno, a novembre, la campagna informativa Conoscere, utilizzare e condividere: tutti a scuola di videogiochi con AESVI e Adiconsum, che coinvolgerà le scuole secondarie inferiori di tutto il territorio. (bg)

(Crediti [7] foto)
 

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