Tutelare i diritti dei bambini anche in condizioni di precarietà [1]
Nei giorni scorsi, a Milano, sono stati sgomberati alcuni campi abusivi che ospitavano circa un centinaio di persone, tra cui molti bambini inseriti in percorsi di sostegno educativo e frequentanti le scuole del quartiere. Le famiglie con bambini hanno ricevuto aiuto e accoglienza da alcune famiglie dei compagni di scuola per favorire il mantenimento dei legami con l’ambiente sociale con il quale avevano iniziato ad entrare in relazione e ad inserirsi.
Anche le maestre hanno manifestato la loro vicinanza ai bambini sgomberati insieme alle loro famiglie in una lettera che pubblichiamo in calce e che ricorda gli obiettivi del lavoro svolto nel contesto scolastico e teso a valorizzare le capacità dei bambini e a offrire loro pari opportunità di diritti.
L’accesso all’istruzione rappresenta ancora oggi un aspetto critico per i bambini rom, e in alcuni paesi europei subiscono gravi discriminazioni perché spesso vengono inseriti in scuole per bambini con problemi particolari senza che vi sia alcuna giustificazione.
Secondo un recente studio di Unicef [2], in paesi come Albania, Bulgaria e Romania tra il 20 e il 40% dei bambini rom non sono nemmeno iscritti a scuola. In Bosnia-Erzegovina addirittura l'80% dei bambini rom non frequenta la scuola.
Quanto alla situazione italiana essa è descritta dalla Relazione sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza [3]: «il popolo rom presente oggi in Italia può essere, in prima battuta, suddiviso tra rom storici, sedentarizzati e cittadini italiani (l’80% dei sedentarizzati rom storici sono cittadini italiani) e i rom immigrati, provenienti per lo più dall’Est Europa. In Italia, il gruppo più importante numericamente, economicamente attivo e socialmente integrato, dei rom storici è costituito dai rom abruzzesi, con famiglie estese ramificate in molte regioni, soprattutto del Centro e del Sud [...]. Dal primo gennaio 2007 non sono più cittadini extracomunitari, in quanto la Romania è entrata a far parte dei Paesi membri dell’Unione Europea.
I Rom sono più diffusi al Centro e al Sud Italia: essi vanno distinti dai Sinti - che vivono per lo più al Nord - e dai Caminanti, piccoli venditori ambulanti (che sono attorno alle 6000 unità) che vivono in Sicilia, soprattutto a Noto, in provincia di Siracusa, e a Milano, dove hanno stretto alleanze matrimoniali con alcune famiglie rom che lì vivevano.
Secondo le stime fornite dal Ministero dell’Interno, il loro numero si attesta complessivamente intorno alle 150.000 unità. I minori d’età rappresentano circa il 50% della popolazione. Sono popolazioni che conosciamo poco anche dal punto di vista qualitativo, aspetto questo che porta a rafforzare stereotipi e pregiudizi intorno a loro».
Si può concludere sottolineando che i provvedimenti di rimozione e di allontanamento da situazioni abitative abusive e precarie rappresentano scelte di intervento che possono costare molto sia in termini economici che sociali ai minori e che possono interrompere processi positivi di integrazione comunitaria. Percorsi mirati di inserimento scolastico, lavorativo e abitativo sono strategie che corrispondono maggiormente anche alla tutela dei diritti dei bambini che vivono nei campi insieme alla famiglia.
In alcune importanti aree metropolitane italiane, anche grazie ai fondi resi disponibili attraverso la legge 285/97, nel corso degli anni sono stati finanziati progetti educativi finalizzati a favorire l’integrazione e la continuità nella frequenza della scuola attraverso attività di accompagnamento, mediazione socio–culturale, laboratori didattici, sostegno scolastico, supporto alle famiglie e lavori di rete con i servizi del territorio.
E’ questa senza dubbio la via che occorre seguire per tutelare i diritti dei bambini rom, sinti e caminanti.
Foto: copyright Michela Taeggi