Minori stranieri in fuga sui treni di frontiera [1]
Ormai si sorprendono poco i poliziotti di frontiera che, alla fermata di Limone Piemonte, salgono per i controlli di routine sui treni diretti in Francia. I minori stranieri non accompagnati sono diventati una presenza abituale su quelle linee. L'ultimo caso due giorni fa: Karim, 12 anni, afgano, voleva andare in Inghilterra.
«Sei euro in tasca, un biglietto ferroviario Bologna-Torino in mano, nessun documento addosso e nessun bagaglio al seguito, la paura scritta in faccia»: così il quotidiano La Repubblica del 14 ottobre descrive le condizioni del giovane profugo. Una storia, quella di Karim, simile a quella di tanti altri ragazzini che, giunti in Italia dopo viaggi massacranti, tentano di passare il confine all'inseguimento di una vita migliore spesso instradati dalle stesse organizzazioni senza scrupoli che li hanno fatti approdare nel nostro paese.
Portato all'ufficio di polizia, con l'aiuto di un interprete, gli agenti si sono fatti raccontare le peripezie di Karim. Riporta Repubblica: «A casa non ho nessuno - sono state le sue parole - I miei sono morti in guerra. Sono arrivato in Italia a bordo di un camion partito dalla Grecia, un tir sbarcato al porto di Bari o forse in quello Ancona. Qui sono di passaggio. Voglio andare in Inghilterra, a Londra. Nessuno mi aspetta. Mi arrangerò. Mi hanno detto che lì ci sono tante altre persone che vengono dal mio paese». Forse Karim sperava di raggiungere i suoi connazionali accampati a migliaia a Calais nella speranza di trovare un modo per passare la Manica: non poteva sapere che la Polizia francese aveva sgomberato quegli agglomerati di fortuna dove troppi disperati vivevano in condizioni igieniche disumane.
Un pezzo del novembre 2008 [2] sulla Stampa di Torino descrive bene l'odissea di questi bambini spaesati, portati come pacchi dall'altra parte del mondo: «È un viaggio su vecchi camion, poi nascosti nei Tir: Turchia, Grecia, finalmente dentro ai rimorchi nella stiva delle navi cargo verso l’Italia. E, qui, il treno. I passaggi di mano dell’organizzazione in genere finiscono con un biglietto ferroviario, in una stazione». «Vestono jeans e giubbotti, a volte hanno euro stropicciati nelle tasche. Addormentati sotto un giornale dispiegato sul viso, li tradisce l’odore di chi non ricorda una doccia o un lavabo. Se è gruppo (a volte tre, quattro, sei), si divide. Se riesce a scappare quello che sa l’inglese, gli altri sono mosche alla mercé della sventura». La giornalista Carlotta Mismetti Capua ha diffuso su Facebook [3] la sua esperienza con alcuni ragazzini afgani finiti a Roma.
La fuga di Karim si interrompe. Lo racconta un sito di informazione locale [4]: «Terminato il suo racconto, ha detto ai poliziotti di avere sete e davanti a una bottiglietta d’acqua e una Coca Cola, si è precipitato sulla lattina». Una comunità ligure lo ospiterà. «Nel salire in auto, Karim ha mostrato un po’ di timore in quanto era la prima volta che saliva a bordo di automobile». (mf)
(Foto: credits [5])