Alcol: i genitori spesso ignorano l'allarme [1]
Dal Corriere della Sera [2] del 5 agosto proponiamo un'intervista a Raffaella Rossin, presidente della sezione lombarda della Società italiana di alcologia [3], che ripropone l'importanza di una corretta educazione al bere soprattutto in ambito familiare. La lotta all'abuso di alcol da parte dei minori è il tema dell'estate sui giornali.
Dopo le prime multe comminate a minorenni ubriachi nelle città che hanno adottato ordinanze repressive, l'episodio della diciottenne finita in coma etilico durante una festa “galleggiante” nelle acque di Panarea ripropone quanto già evidenziato dagli esperti [4] che si occupano del problema delle dipendenze: le proibizioni possono servire, ma non bastano e gli adulti devono impegnarsi per costruire nuovi argini e affiancare i ragazzi, proponendo anche modelli culturali alternativi rispetto a quelli "venduti" da pubblicità e televisione.
Ogni giorno su Minori.it è disponibile la rassegna stampa tematica [5] dedicata ai temi dell'infanzia e dell'adolescenza.
«Ma i genitori spesso ignorano l'allarme»
MILANO — «È molto importante che si cominci a parlare del problema del "bere giovanile" scollegato dal sabato sera. Ormai dovrebbe essere chiaro che i ragazzi bevono tanto in molti momenti, che per loro sono ricreativi, amicali o di festa». E ancora: «I genitori dovrebbero preoccuparsi di capire il perché di queste "fughe alcoliche", ma spesso invece è proprio in famiglia che ai giovani viene trasmesso il messaggio che l'alcol non è una sostanza pericolosa, che non fa male, che una sbronza in fondo l'abbiamo presa tutti...». È proprio ai genitori che si rivolge la dottoressa Raffaella Rossin, presidentessa della sezione lombarda della Società italiana alcologia.
«I messaggi da parte degli adulti – dice – devono essere diversi. Ai ragazzi va spiegato che se si vuole bere lo si fa dai 18 anni in avanti, e che in ogni caso bisogna fare attenzione perché l'alcol è una sostanza da trattare con cautela, pericolosa come una droga. Dovremmo insegnargli a comportarsi con la bottiglia come si fa con il gas o con la corrente elettrica. Insomma, considerato che l'adolescenza è una fase della vita in cui si corrono dei rischi, occorre dare a chi la attraversa gli strumenti necessari a rischiare in modo non scellerato». I dati, per ora, non fotografano una situazione di allarme grave: «La percentuale di ragazzi che rischia di diventare dipendente da alcol aumenta, ma per fortuna non è ancora drammatica».
Per evitare che lo diventi bisogna intervenire subito: «I media, gli esperti, chi fa pubblicità, tutti dovrebbero impegnarsi per fare in modo che il livello di rischio non si alzi. I giovani hanno sempre alcol sottomano, quindi dobbiamo avvisarli dei rischi». Anche perché i messaggi fuorvianti sono molti: «Un tempo la nostra cultura era soprattutto quella del vino. Ma a parte il fatto che essere i secondi produttori al mondo di vino non deve diventare una scusa per non tutelare i giovani, oggi il problema è molto più complesso: ci sono tante bevande alcoliche pubblicizzate in modo convincente che hanno gradazione anche alta e che i giovani mischiano con la frutta, per esempio la vodka; oppure che sono commercializzate come "bevande giovani", penso ai breezer, ma contengono alcol. Di fronte a tutto questo è decisivo che gli adulti riescano a fare delle differenze e a costruire degli argini».
Come? «Intanto informandosi. Chi ha in casa un ragazzo che ha avuto problemi con l'alcol può venire a chiedere consigli ai servizi di alcologia, per sapere come agire. Un'altra cosa utile è visitare assieme ai propri figli una cantina dove si produce vino: parlare con chi lo fa, conoscere questa bevanda assieme ai ragazzi, e imparare come consumarla».
Mario Porqueddu