La mela

20/07/2009 Tipo di risorsa Schede film Temi Relazioni familiari Educazione Titoli Rassegne filmografiche

di Samira Makhmalbaf

(Iran-Francia, 1998)

Sinossi

Un vecchio uomo, insieme con la moglie cieca, ha sempre tenuto segregate in casa le due figlie dodicenni, Massoumeh e Zahra, per paura dei pericoli che potrebbero correre per strada. Data la situazione particolare, i vicini di casa decidono, tramite una petizione, di chiamare l'assistente sociale, che interviene in una situazione diventata ormai drammatica. Le due bambine hanno evidenti problemi mentali, relazionali, linguistici. Sono abituate a vivere dentro casa e non hanno coscienza di ciò che sta loro intorno. Quando l’assistente obbliga le bambine a uscire, il padre e soprattutto la madre cercano di non arrendersi ai voleri della pubblica autorità. Tuttavia le due piccole escono lo stesso e vanno in giro per i vicoli vicini. Mille sono le piccole cose che possono fare all’aria aperta: prendere i gelati di un ragazzino, accarezzare una capra legata in un cortile, seguire un altro fanciullo con una mela, incontrare due coetanee e andare a giocare con loro in un parco o a vedere un banchetto di orologi. Sull’altro versante, l’assistente, viste le continue proteste dei due coniugi, li rinchiude in casa, per far capire loro cosa si prova a restare imprigionati. L’assistente dà anche al vecchio uomo una sega per far sì che si possa liberare e, nello stesso tempo, rimuovere le sbarre che vietavano l’uscita alle ragazzine. Al ritorno di Massoumeh e Zahra, l’uomo è riuscito a segare una sbarra e con l’aiuto delle figlie riesce a uscire. Mentre la moglie cieca rimane in casa, padre e figlie vanno al negozio di orologi. Rimasta sola, la donna esce tentennante di casa e s’imbatte nella mela tenuta in mano da un ragazzino.

Presentazione Critica

Una mano compare nella parte destra dell’inquadratura. Tiene tra le dita un bicchiere. Con fare malfermo si allunga fino ad arrivare al vaso lì vicino. Prova a svuotare la tazza, ma solo alcune gocce vanno a finire sulla pianta. Il resto cade inevitabilmente per terra. La mano è quella di Massoumeh, la scena descritta è quella iniziale del film, prima ancora dei titoli di testa. Bastano, dunque, pochi secondi a Samira Makhmalbaf per tradurre in immagini, con un’immediatezza allegorica che costituisce la cifra principale del film, il soggetto del racconto: un apprendimento mancato, l'estromissione di due ragazze da una crescita sana, l’esonero dalle possibilità del sapere (l’acqua è simbolo di vita, ma anche di conoscenza), l’impossibilità di svilupparsi e maturare. Come una pianta bagnata male da una mano insicura e vacillante, che cresce ma non fiorisce, che vive ma non sboccia, come un fiore a cui manca l’energia del sole per germogliare, così Massoumeh e Zahra si trovano a vivere un’esistenza priva delle più elementari condizioni di crescita. Un’altra forte immagine simbolica conferma la semplice tesi della regista: le due bambine vedendo il sole dalla grata del cortile sono entusiaste e con le mani piene di pece disegnano la forma del sole sul muro, il quale da fonte di vita, diventa l’immagine di un pianeta nero e alieno, simbolo di morte, privo di qualsiasi possibilità generativa. Quando il padre, nelle ultime scene del film, confesserà il vero motivo della segregazione delle figlie – ovvero la convinzione, letta anche su un antico testo di morale, per la quale “le fanciulle sono come un fiore: se prendono il sole appassiscono” – tutti gli indizi che portavano a questa inconcepibile visione restrittiva della responsabilità educativa dell’uomo erano già stati seminati. In La mela i dialoghi dei personaggi servono da ratifica dell’immagine e non viceversa. In altre parole è attraverso il risvolto metaforico della colonna visiva e non attraverso l’uso confermativo o affermativo della banda sonora che le tematiche principali del film vengono elaborate: la mela è tropo del desiderio di crescere (non a caso le bambine seguiranno il coetaneo con in mano un bastone con appesa la mela) e del rischio di una crescita assoggettata dalle realtà esterne (seguire inebetite un ragazzino o farsi condurre sui binari da altre coetanee non è certo simbolo di indipendenza); lo specchio trasla in oggetto il risvolto ambivalente del reale (la realtà non è univoca e lo conferma l’atteggiamento doppio dei vicini di casa, prima delatori della famiglia); le sbarre che sega l’uomo sono l’emblema di un cambiamento del proprio comportamento morale; la cecità della moglie è la visualizzazione di una cecità dell’anima; la capra legata ad un palo che mangia il gelato è la rappresentazione della condizione animalesca di Massoumeh e Zahra. Non a caso, a voler portare un altro elemento di verifica, lo specchio posseduto dalle ragazzine riflette solo immagini e oggetti simbolici e non elementi del reale: il nottolino della porta, la mela, l’acqua ecc... Grazie alla forza simbolica delle immagini, il film riesce ad essere insieme lieve e profondo, leggero e apertamente critico nei suoi risvolti sociali, tratteggiando un mondo degli adulti variegato, deciso e risoluto nel caso dell’assistente sociale, ma anche ignorante come nel caso dei genitori di Massoumeh e Zahra, codardo come i vicini di casa oppure invadente e superficiale come i giornalisti, e delineando un mondo dei bambini, le cui scene corali danno il senso della leggerezza della narrazione, dove però vigono già le regole del denaro come nel caso dei gelati, della competizione (vedi la gara a mangiare la mela), dell’apparenza (gli orologi) e dove c’è il rischio dello sfruttamento (vedi il bambino che vende i gelati) e di una crescita pilotata e rigida, evidente nelle sequenze in cui le bambine camminano sui binari del treno o inseguono, senza chiedersi il perché, la mela. Samira Makhmalbaf, figlia del regista Mohsen Makhmalbaf, firma, appena diciassettenne e con il sostegno paterno (autore del soggetto, della sceneggiatura e del montaggio), un’opera che fa propria la tradizione e i temi principali di tutto il cinema iraniano: l’attenzione al rapporto tra finzione e realtà (La mela, come ad es. Pane e fiore del padre Mohsen e Close up di Abbas Kiarostami prendono spunto da un fatto di cronaca), l’interesse per il valore simbolico degli oggetti e delle situazioni (si potrebbe citare, tra i tanti, Il corridore di Amir Naderi), e soprattutto la dedizione per le storie sui bambini (ad es. Il palloncino bianco di Jafar Panahi o Bashu, il piccolo straniero di Bahram Beizai), i quali sembrano essere il vero alfabeto universale utilizzato dai cineasti persiani per farsi comprendere in tutto il mondo. Marco Dalla Gassa

E' possibile ricercare i film attraverso il Catalogo, digitando il titolo del film nel campo di ricerca. Le schede catalografiche, oltre alla presentazione critica collegata con link multimediale, contengono il cast&credits e una sinossi. Tutti i film in catalogo possono essere richiesti in prestito alla Biblioteca Innocenti Library - Alfredo Carlo Moro (nel rispetto della normativa vigente).