"Agevolando", un aiuto ai giovani accolti in comunità nel passaggio all'età adulta

02/08/2013 Tipo di risorsa: Temi: Titoli:

I ragazzi che hanno vissuto la loro infanzia o la loro adolescenza in comunità o in affido spesso si trovano, al compimento dei diciott'anni, soli, disorientati, privi di punti di riferimento, proprio in un momento così delicato come quello che segna il passaggio all'età adulta. Un aiuto a questi giovani lo offre l'associazione Agevolando, la prima in Italia dedicata al sostegno dei neomaggiorenni in uscita da percorsi di accoglienza. La sede principale è a Bologna, mentre a Rimini e a Trento ci sono altre due sedi operative.

L'associazione, nata nell'aprile del 2010 dall'iniziativa di alcuni giovani che hanno vissuto parte della loro infanzia e della loro adolescenza fuori dalla famiglia di origine, accolti in comunità o in affido, è impegnata in vari progetti volti a dare un supporto ai neomaggiorenni, su fronti diversi, come la ricerca di una casa, di un lavoro, di relazioni sociali e di informazioni utili a gestire problemi e questioni della vita di tutti i giorni.

Per approfondire alcuni aspetti del tema e conoscere più da vicino le attività di Agevolando abbiamo rivolto qualche domanda al suo presidente, Federico Zullo.

Come è nata l'idea di costituire l'associazione?

È nata da un'esperienza personale. Quando ero adolescente ho vissuto in una comunità per minori e al termine del percorso di accoglienza ho sperimentato le difficoltà che i neomaggiorenni incontrano in quel momento. Poi sono riuscito a trovare una dimensione di serenità, mi sono iscritto all'università e ho cominciato a svolgere l'attività di educatore in una comunità per adolescenti dell'Opera Don Calabria. Anche lì ho sperimentato le difficoltà dell'uscita dai percorsi di accoglienza, attraverso le esperienze dei ragazzi che seguivo. Nel corso degli anni mi sono sempre più interessato a questo tema e nel 2008 ho cominciato a lavorare su alcuni progetti di sostegno ai neomaggiorenni. Nel 2007, inoltre, ho iniziato a collaborare alle attività di studio e documentazione dell'Università di Ferrara, insieme a Paola Bastianoni, avviando una riflessione sull'argomento anche dal punto di vista della ricerca e dell'approfondimento teorico. In quel periodo ho cominciato a partecipare a vari convegni. Un giorno sono andato a un convegno a Bologna sul tema dei neomaggiorenni in uscita dalle comunità, a cui sono intervenute anche due ragazze ex ospiti di comunità, che hanno raccontato la loro esperienza e le difficoltà incontrate al termine del percorso di accoglienza. Era la prima volta che ascoltavo le testimonianze di persone che avevano vissuto esperienze simili alla mia. Sono rimasto molto colpito: è in quel momento che ho maturato l'idea di realizzare un progetto comune, insieme ad altri neomaggiorenni, per dare un aiuto a tutti i ragazzi in uscita da percorsi di accoglienza in comunità o in affido. Così ho proposto loro di costituire l'associazione.

Quale realtà si trovano di fronte i neomaggiorenni che concludono percorsi in comunità o in affido? Quali sono le loro principali necessità, anche alla luce dell'esperienza dell'associazione e delle testimonianze raccolte dai volontari nel lavoro quotidiano con i ragazzi?

Quando ci sono le risorse i servizi garantiscono la continuità o all'interno della stessa comunità oppure all'esterno, in altri contesti dedicati. Ma in un periodo critico come quello attuale è sempre più difficile per i ragazzi trovare soluzioni di questo genere e comunque, anche quando succede, non sempre ricevono un sostegno adeguato. Nei casi in cui, invece, manca il supporto dei servizi sociali, per fortuna a volte sono le famiglie affidatarie o le stesse comunità a trovare un appartamento ai neomaggiorenni e offrire loro un accompagnamento all'autonomia. In altri casi ancora questi giovani si trovano completamente soli: alcuni chiedono aiuto ai parenti, altri trovano soluzioni non opportune che a volte li portano verso situazioni di devianza e disagio sociale.  
Le principali necessità dei ragazzi che concludono i percorsi di accoglienza sono la casa e il lavoro. Senza la prima tutto diventa più difficile, anche perché i neomaggiorenni, come dicevo, rischiano di trovarsi in contesti non opportuni: a volte ritornano nella famiglia di origine quando la situazione familiare non è migliorata o addirittura è peggiorata, in altri casi vanno ad abitare insieme ad amici “poco raccomandabili” oppure trovano altre soluzioni non adeguate. Un'ulteriore necessità, per alcuni, è quella di portare a termine gli studi. Molti diciottenni in comunità, infatti, frequentano ancora le scuole superiori.

Quali sono le esigenze dei neomaggiorenni stranieri?

Oltre alla casa, al lavoro e alle relazioni sociali, la regolarizzazione, che è molto complessa e difficile, e l'integrazione. Questi ragazzi hanno sicuramente bisogno di una casa e di un lavoro, ma anche di sentirsi accolti e integrati nella società.

Uno dei progetti portati avanti da Agevolando prevede la creazione di sportelli informativi destinati ai neomaggiorenni. Il primo è stato inaugurato lo scorso marzo, a Rimini. Potrebbe raccontarci l'esperienza di questi primi mesi? Ne verranno aperti altri? In quali città?

È uno dei progetti a cui teniamo di più in questo momento, anche perché è un'iniziativa nuova, che risponde a esigenze molto importanti di questi giovani. I neomaggiorenni in uscita da percorsi di accoglienza hanno bisogno, oltre alla casa e al lavoro, di punti di riferimento, di relazioni e informazioni su come gestire il denaro e altri aspetti della vita quotidiana. Non ci sono servizi o sportelli dedicati a offrire informazioni di questo genere, perché si pensa che i ragazzi a diciott'anni vivano nelle famiglie oppure abbiano comunque un sostegno. Da qui è nata l'idea di aprire degli sportelli, pensati come spazi in cui questi ragazzi possano trovare le informazioni utili per la ricerca di una casa, di un lavoro, di reti di sostegno e di aiuto nella risoluzione di problemi pratici, come l'apertura di un conto corrente bancario o la lettura di un contratto di affitto.
L'esperienza riminese, realizzata in collaborazione con la Fondazione San Giuseppe, sta funzionando. Lo sportello, aperto tutti i venerdì, nel pomeriggio, è gestito da due giovani volontarie dell'associazione. Sono molti i ragazzi che chiedono informazioni e diversi hanno trovato lavoro proprio grazie alle indicazioni fornite dalle volontarie. Alcuni si rivolgono allo sportello per trovare qualcuno che li ascolti, altri per avere un aiuto per scrivere il curriculum, i neomaggiorenni stranieri per avere indicazioni sulle procedure necessarie per rinnovare il permesso di soggiorno. Stiamo cercando di avviare questa iniziativa anche in altre città. A ottobre 2013 è prevista l'apertura di uno sportello a Bologna, mentre altri sportelli saranno inaugurati a Ferrara e Ravenna nel 2014, anno in cui probabilmente ne verranno aperti altri in altre città. Un aspetto molto importante del progetto, che prevede anche la creazione di sportelli on line, è la partecipazione attiva dei ragazzi: alcuni di loro, ad esempio, hanno raccolto le informazioni che serviranno per l'elaborazione di una guida informativa per i servizi per i neomaggiorenni in uscita da percorsi di accoglienza in comunità o in affido.

Come promuovere la creazione di reti fra le diverse realtà che si occupano di questi giovani?

In un momento di crisi come quello attuale, che credo possa rappresentare un'occasione di trasformazione molto importante, l'obiettivo su cui puntare è proprio questo: il lavoro di rete. Dobbiamo ridurre la nostra autoreferenzialità e cercare di offrire risposte ai bisogni del territorio e alle necessità dei nostri bambini e dei nostri ragazzi.

(Barbara Guastella)