di Marco Risi
(Italia, 1989)
Sinossi
Marco Terzi, un professore in attesa di un posto in un liceo di Palermo, decide di proporsi per una cattedra nel carcere minorile di Malaspina. L’audace docente si trova ad insegnare i valori dell'onestà, della speranza e della fiducia nei propri mezzi a ragazzi che vivono in un "paese di nessuno" dove le uniche regole di convivenza sono quelle della disperazione e della violenza, dove ci si fa giustizia da soli, dove anche le guardie applicano la legge della giungla. Egli deve scendere a patti con loro, accettare i loro sfottò, andare contro i piccoli capi banda per difendere i più deboli, ma poco alla volta, senza mai perdere la fermezza nei propri ideali, riesce a conquistarsi la fiducia degli adolescenti e a diventare un punto di riferimento con cui confrontarsi. Lo sarà in particolare per Mary, un ragazzo effeminato che s’innamora di lui e per Pietro che, evaso dal riformatorio, finisce morto per una rapina andata male. Quando finalmente arriverà la lettera di nomina per una cattedra in un liceo, Marco Terzi la straccerà, consapevole del nuovo e importante ruolo acquistato nel riformatorio.
Presentazione Critica
Presentazione del film Dialetto stretto, attori non professionisti, riprese in esterni, suono in presa diretta: quando Mery per sempre è uscito nelle sale si è parlato di un tentativo di ritorno al neorealismo, si è coniato un nuovo epiteto (neo-neorealismo), sono stati sottolineati i tratti comuni alle pellicole del dopoguerra, come la volontà poetico-politica, la capacità di descrivere la realtà senza nessun filtro, un marcato simbolismo nella scelta degli episodi e dei personaggi raccontati. In realtà il richiamo agli "Sciuscia" neorealisti o, se si vuole andare ancora più indietro, ai ragazzini Zero in condotta di Vigo al quale Risi si ispira nelle sue scene più allegoriche (come la partita a calcio senza il pallone), è francamente eccessivo: manca un'effettiva forza espressiva, ostruita dagli intenti pedagogici troppo calcati (vedi le "lezioni di vita" del professore), nonché un totale abbandono all'emblematica veridicità dei ragazzi di Malaspina, legati da una sceneggiatura troppo rigida e da una attenzione eccessiva per i casi di Placido e Amendola (quasi a palesare l'incertezza del regista nei confronti dei suoi attori non professionisti). Piuttosto si potrebbe inserire il film, più umilmente, nel filone dei film impegnati, grazie alla capacità di esprimere una sincera critica nei confronti delle istituzioni (considerate ottuse, repressive e ingiuste), e grazie a un disegno narrativo sempre teso e accattivante. Mery per sempre è interamente basato sull'antitesi professore-buono/ragazzi-cattivi, nella quale l'opposizione non indica un valore morale quanto più un destino di esclusione inappellabile che colpisce qualcuno ed elude altri. C'è una frase pronunciata da Pietro che decreta il contrasto tra i personaggi e che riassume il manifesto etico del film: "Quando uno nasce tondo, non può morire quadrato" dice poco prima dell'evasione che lo porterà alla morte. La lotta contro l'ineluttabilità del fato sembra perduta: hanno rinunciato a lottare i ragazzi, che non credono in un futuro migliore; hanno rinunciato le istituzioni, che non fanno altro che abbassarsi al livello dei delinquenti, seguendo la legge della giungla come nel caso delle guardie carcerarie ("C'è chi nasce minchia secca e chi nasce minchia dura" conferma il capo banda Natale), o giustificando questo modo d'agire, come farà il direttore. L'unico a lottare è l'insegnante. Egli, non a caso, è raffigurato già dalle prime inquadrature come il possessore della "luce", in un luogo dominato dal buio. Egli può stare in classe e nel cortile (luoghi luminosi), ma è escluso dalle camerate, dalle celle di sicurezza, luoghi all'opposto quasi sempre scuri. La dialettica del film si costruisce, così, attorno al lento immergersi del professore nel nero delle vite dei ragazzi, attorno a un raggio luminoso (simbolo della ragione, della giustizia, dell'idealismo) che si inquina entrando nel buio, ma che riesce per questo a raggiungere i cuori dei giovani delinquenti. Il percorso è progressivo: Marco Terzi prima entra nella cella d'isolamento dove vive Mery, grazie all'infrazione di una regola carceraria, chiedendo a chi, coperto dal buio, lo minaccia, “di uscire alla luce del sole"; poi interviene con la forza per difendere Pietro percosso a morte, in un angolo oscuro, dalle guardie; infine entra con una pistola nella camerata, puntandola contro un ragazzo, per dimostrare di non aver paura di loro. Pur contaminato dal progressivo avvicinarsi al nero della violenza, il messaggio arriva ai ragazzi tanto da indurre il professore, rifiutando la nomina dell'istituzione scolastica, a ricercare l’ennesima complicità dei ragazzi. Per finire, occorre segnalare una battuta che sopravvive al film. La pronuncia il giovane transessuale, figura di raccordo tra il professore e i ragazzi, nonché depositario della morale dell'esclusione. Egli dice: "Io non sono né carne né pesce, io sono Mery, Mery per sempre". Con questa frase Risi esprime al meglio l'ambiguità di fondo del suo racconto. Marco Dalla Gassa