I Figli degli uomini

15/07/2010 Tipo di risorsa Schede film Temi Discriminazione razziale Titoli Rassegne filmografiche

di Alfonso Cuarón

(Gran Bretagnia/Canada/USA, 2006)

Sinossi

Nel 2027 la razza umana rischia di estinguersi a causa di un'infertilità diffusa e incomprensibile alla scienza. Ovunque il mondo è preda della violenza e del caos. Nei paesi più ricchi come l'Inghilterra imperversano spinte verso il nazionalismo e l'isolazionismo, che sfociano in provvedimenti razzisti e inumani nel tentativo di arginare la massa di migranti in cerca di un rifugio. Theo Faron, un ex attivista pacifista che si è adeguato ai metodi del governo, viene rapito dalla fantomatica banda dei “Pesci”, che si batte per la difesa dei diritti degli immigrati. Portato in un luogo segreto, Theo ritrova l'ex moglie rivoluzionaria Julian, che lo coinvolge nel salvataggio di una giovane donna di colore rimasta misteriosamente incinta. Il proposito è quello di far imbarcare la donna su una nave chiamata “Tomorrow” (Domani), che porterebbe in salvo la nuova madre in una fantomatica comunità denominata “Progetto umano”. Durante il tragitto in auto Julian viene però uccisa da un colpo di pistola sparato da due motociclisti della stessa banda dei “Pesci”, che ha architettato il complotto per tenere con sé il bambino e usarlo come simbolo della rivolta. Grazie all'aiuto dell'amico Jasper, Theo e la futura madre riescono a rifugiarsi in una delle aree sorvegliate e adibite alla detenzione di tutti gli stranieri, dove la donna partorisce mentre fuori impazzano i combattimenti tra i rivoltosi e le forze armate. Grazie all'aiuto di una zingara, i tre riescono a trovare un'imbarcazione su cui fuggire e raggiungere la boa segnaletica da dove passerà a prenderli la “Tomorrow”. Per Theo, ferito durante la fuga, è però già troppo tardi e la morte lo coglie in mare, proprio mentre la donna gli rivela che chiamerà la bambina con lo stesso nome del figlio, morto purtroppo in tenera età, che lui concepì anni prima con Julian.

Introduzione al Film

Un nuovo Salvatore

I figli degli uomini è il sesto lungometraggio di Alfonso Cuarón, che veniva dall’esperienza del film collettivo Paris je t’aime – Petite romances de quartiers (id., Francia/Germania, 2006), per il quale aveva firmato l’episodio intitolato “Parc Monceau”. Il regista messicano si cimenta ancora una volta con un testo letterario di partenza, come già era accaduto per La Piccola principessa (A little princess, USA, 1995), ispirato all’omonimo romanzo per ragazzi scritto da Frances Hodgson Burnett e remake del film di Walter Lang del 1939, con Paradiso perduto (Great Expectations, USA, 1998), ispirato invece al romanzo Grandi speranze di Charles Dickens, e con Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (Harry Potter and the Prisoner of Azkaban, USA, 2004), tratto dall’omonimo romanzo per ragazzi di J.K. Rowling. Come in questi film, anche ne I figli degli uomini predominano atmosfere cupe e oscuri presagi, dove vige la violenza di padri che sembrano avere in disprezzo una vita che non promette più nessun futuro, dove non esistono figli da ritrovare e abbracciare. Sono uomini che passano il loro tempo a farsi la guerra, a ghettizzare lo straniero come gli ultimi baluardi di confini destinati a cadere con l'estinzione dell'ultima generazione rimasta. Nonostante tutto, Cuarón dimostra di credere fortemente alla forza della vita, e lo fa mostrandoci una storia che ha tutte le caratteristiche dell'avvento di un nuovo Gesù – che, anziché in una capanna, vede la luce in una baracca. Il film esalta il miracolo della vita, ma non certo quello di questa umanità, che solo un nuovo redentore – femmina e di colore – potrà ormai salvare. Rispetto ad altri illustri precedenti della fantascienza di orwelliana memoria, I figli degli uomini si distingue per la scelta di collocare il tempo del racconto in un futuro che è quasi un presente (il 2027 per la precisione), ed è infatti del nostro tempo che ci parla Cuarón, delle derive razziste e nazionaliste che tentano di creare steccati in un mondo ormai sovraffollato e affamato. Si tratta quindi di un’opera che può essere avvicinata ai modelli classici della letteratura distopica – laddove la distopia, a differenza dell’utopia, si basa su una società attuale che ritroviamo in un altro luogo e in un altro tempo –, una letteratura particolarmente prolifica soprattutto in quella stessa Inghilterra in cui Cuarón ambienta il suo film: da George Orwell a James Graham Ballard, passando per H. G. Wells e Anthony Burgess, sono molti gli esempi di una fantascienza che ci parla in realtà dei pericoli insiti nel nostro presente. La regia di Cuarón è pensata per far sentire lo spettatore nella stessa condizione di pericolo dei protagonisti, per ricreare un effetto di realismo grazie all’uso reiterato di effetti irrealistici, realizzati in fase di post-produzione o dovuti all’insistenza con cui la cinepresa bracca gli attori, al punto che in una scena della rivolta l’obiettivo viene sporcato da alcune gocce di sangue provenienti da una delle vittima degli scontri. Da questo punto di vista I figli degli uomini può anche essere visto in chiave post-11 settembre, e non solo per il tema centrale della paura degli stranieri, ma anche da un punto di vista prettamente stilistico, che ha decretato il trionfo di uno sguardo in soggettiva capace di immergersi completamente nelle tragedie, a volte seguendo traiettorie così incredibili - e vi sono sequenze esemplari anche in questo film – da sembrare più vicine a quelle di un videogioco che non di un’opera cinematografica.

Il ruolo del minore e la sua rappresentaione

L’infanzia negata

Il mondo dell’infanzia visto da Cuarón sembra essere segnato da una sorta di predisposizione al sacrificio, e preda di un ambiente oscuro e minaccioso ormai immune alla fantasia. Se in Harry Potter e il prigioniero di Azkaban a dominare sono le atmosfere gotiche, in Piccola principessa la favola si trasforma ben presto in un calvario per la gentile e generosa Sara, la cui vita è sconvolta dalla notizia della morte del padre. La piccola protagonista, costretta ad accettare di fare la sguattera per non essere cacciata dall’esclusivo collegio in cui si è iscritta, finisce così in una lugubre stanzetta in soffitta. Sara sarà costretta a sperimentare che la magia delle favole non funziona nel nostro mondo, ma alla fine, fuggendo attraverso i tetti della scuola, scoprirà che il padre è in realtà ancora vivo. Ne I figli degli uomini l’infanzia è invece la grande assente, l’oggetto impossibile, desiderato da un’umanità destinata a estinguersi poiché senza eredi. È un film oscuro non soltanto perché marcato dalla violenza, ma anche perché rappresenta un mondo senza possibilità di sogno alcuno. Fin dall’incipit lo spettatore partecipa a un folle conto alla rovescia, che inizia con la morte del ragazzo più giovane del mondo, poco più che diciassettenne (da cui si deduce che il punto di non ritorno viene individuato dall’opera proprio nell’epoca attuale). La notizia viene mandata in onda a reti unificate su tutti gli schermi di Londra, davanti ai quali le persone restano imbambolate e atterrite, consapevoli del fatto che il tempo rimasto all’umanità si sta accorciando senza sosta. L’imbarbarimento delle varie civiltà, in cui a prevalere è ormai la legge del più forte, è l’effetto di una totale assenza di prospettive, dove permangono sparute isole di resistenza – come la casa di Jasper, un uomo pacifico e tranquillo e dedito alla riflessione e all’uso di droghe, che non esita a sacrificare la sua vita dinanzi alla necessità di salvare quella della neonata. È evidente che quella messa in scena da Cuarón è una sorta di seconda incarnazione, quella di un Gesù che è figlio degli uomini anziché di Dio; di un’umanità alla quale, nonostante tutti gli errori commessi, viene concessa l'ennesima possibilità di salvarsi. Anche sotto questo aspetto I figli degli uomini può essere annoverato tra i numerosi lavori apocalittici usciti dopo l'attentato dell'11 settembre 2001, che ha contribuito in maniera decisiva a gettare un'ombra minacciosa sul futuro del nostro pianeta. Gli espliciti riferimenti alle dittature del secolo scorso – la militarizzazione del paese, le violente discriminazioni su basi etniche e religiose – viste come ultimo estremo tentativo di frenare il caos dilagante, ricordano certe tematiche care alla fantascienza del periodo della guerra fredda, con la differenza che in questo caso non vi è un nemico da combattere in senso stretto, poiché il nemico è l’essere umano stesso, che è nuovamente alla ricerca di un paradiso terrestre: quel famigerato “Progetto umano” che rimane un oggetto misterioso durante tutto l’arco del film. Il film, dunque, ci parla dell’infanzia mostrandoci gli effetti di un mondo incapace di procreare, e che di conseguenza tiene in disprezzo la vita e tutte le sue possibili declinazioni: il razzismo come forma di autodifesa è in fondo tipico delle società che si sentono invase, che sono incapaci di accogliere l’alterità come fonte di ricchezza, e che nel diverso individuano principalmente un pericolo. Nel film di Cuarón questa forma di rifiuto non si concretizza in un caso singolare – una razza, un'etnia – ma riguarda il diverso in genere, tutti coloro che non appartengono alla nazione britannica.

Riferimento ad altre e spunti didattici

Per i temi trattati, le numerose scene di violenza e il linguaggio usato, la visione de I figli degli uomini è consigliata esclusivamente alle scuole medie superiori, senz’altro più adatte a cogliere ed esaminare le implicazioni storiche e politiche presenti nel film. Le tinte cupe dell'ambientazione e i toni apocalittici possono senz'altro far pensare da una parte a un film come Blade Runner (id., USA, 1982) di Ridley Scott – dove si prefigurava una società in cui i replicanti potessero sostituire gli umani, almeno in certi lavori – e dall'altra ad esempi più recenti come V per Vendetta (V for Vendetta, USA, 2005) di James McTeigue – in cui la Germania, vincitrice della seconda guerra mondiale, ha trasformato la Gran Bretagna in un paese nazista – o L'esercito delle dodici scimmie (12 Monkeys, USA, 1996) di Terry Gilliam – dove invece viene toccato il tema del virus che avrebbe scatenato la quasi totale estinzione degli esseri umani. Per quanto riguarda invece il tema del nuovo messia, appare piuttosto arrischiato il paragone con altre pellicole dal tema dichiaratamente religioso, che nel nostro caso non è presente se non nella figura del Salvatore – figura che oltretutto resta inespressa, poiché il finale non ci dice nulla sulle reali sorti di questa umanità condannata, se non lasciandoci con un filo di speranza. Simone Ghelli

E' possibile ricercare i film attraverso il Catalogo, digitando il titolo del film nel campo di ricerca. Le schede catalografiche, oltre alla presentazione critica collegata con link multimediale, contengono il cast&credits e una sinossi. Tutti i film in catalogo possono essere richiesti in prestito alla Biblioteca Innocenti Library - Alfredo Carlo Moro (nel rispetto della normativa vigente).