Dark Water

di Walter Salles

(USA, 2005)

Sinossi

Naufragato il matrimonio con Kyle, Dahlia sta cercando un appartamento a buon mercato dove trasferirsi con la figlia Cecilia. Durante la visita in un condominio particolarmente lugubre la bambina è dapprima molto restia, poi cambia repentinamente idea dopo aver trovato uno zainetto sul tetto dell’edificio. Subito dopo il trasloco nel nuovo quartiere Cecilia comincia a frequentare la scuola materna ma ai bambini della classe preferisce la compagnia di Natasha, la sua amica immaginaria. Intanto un’inquietante macchia di acqua scura sul soffitto preoccupa Dahlia portandola a scoprire il misterioso appartamento abbandonato sopra il loro. Mentre Cecilia sembra sempre più turbata dal suo rapporto con Natasha, Dahlia deve lottare con l’inefficienza del custode del condominio, con gli abusi verbali di alcuni adolescenti vicini di casa e con i fantasmi del suo passato di bimba abbandonata. Quando si scopre che nell’appartamento abbandonato viveva una bambina di nome Natasha che sembra essere sparita nel nulla, Dahlia finisce per identificarsi con lei e ritrova il suo cadavere abbandonato nella grande cisterna sul tetto dell’edificio. La situazione sembra tornare alla normalità e Dahlia ha finalmente preso la decisione di trasferirsi in un'altra casa, quando in preda ad una terribile allucinazione vede Natasha che sta cercando di affogare Cecilia nella vasca da bagno e nel disperato tentativo di salvarla muore annegata. Affidata al padre, Cecilia torna nell’appartamento per recuperare le sue cose e in un’infiltrazione di acqua scura nell’ascensore sente la voce della madre che la invita a tornare a trovarla.

Introduzione al Film

Esercizio di genere Dopo cinque lungometraggi, tra cui i due successi planetari Central do Brasil (1998) e I diari della motocicletta (Diarios de motocicleta, 2004), tutti girati e prodotti in Brasile, suo paese d’origine, Walter Salles con Dark Water sbarca a Hollywood. Definito da più parti come il più “hollywoodiano” dei registi brasiliani per la maestria tecnica e la raffinatezza formale, Salles è riuscito in pochi anni a varcare i confini del proprio paese con la potenza delle sue inquadrature e la forza universale dei suoi personaggi. Partendo dal paesaggio, inquadrato sempre con sguardo incantato ma lontano dalle banali suggestioni turistiche, i personaggi dei suoi film si muovono tra viaggi interiori e reali, confusi tra l’incanto della bellezza e lo spaesamento delle contraddizioni in esso contenute. Così è per la protagonista di Central do Brasil, cinica e disincantata come la Gloria di Una notte d’estate (1980) di John Cassavetes, che ritrova senso e passione per la vita nel rapporto con il piccolo protagonista e nel lungo viaggio per accompagnarlo a casa; così è per il giovanissimo Ernesto Guevara (protagonista insieme all’amico Alberto Granado dei Diari della motocicletta), distante anni luce dal famoso “Che”, in uno sgangherato road-movie attraverso tutto il sud-America, un viaggio che diventa presa di coscienza civile e sociale, dunque politica. Con Dark Water, Salles si trova alle prese con il remake di un horror psicologico del regista giapponese Hideo Nakata tratto da un romanzo di Koji Suzuki. Si tratta di un’operazione praticata di frequente negli ultimi anni da parte degli studios, operata nel tentativo di rinnovare da un punto di vista tematico alcuni generi cinematografici, in particolare il thriller, l’action movie e l’horror. Il Giappone in quest’ultimo ambito offre spunti notevolmente interessanti sia per la semplicità della messa in scena, che non obbliga le major a rischiose scommesse produttive, sia per una certa psicologizzazione delle paure che salva dall’utilizzo esasperato e ripetitivo degli effetti speciali. Salles confeziona con la consueta perfezione formale un film efficace dal punto di vista degli effetti orrorifici pur senza dispiego eccessivo di effetti a sorpresa. Il vorticoso precipitare nell’incubo è suggerito più che dalle sequenze allucinatorie da una serie di accenni drammaturgici lasciati poi in sospeso in modo apparentemente negligente. I personaggi positivi sono totalmente banditi dallo schermo per lasciare lo spazio ad una danza macabra di ruoli, prevalentemente maschili, mai completamente chiari o risolti: è il caso dell’inquietante custode del palazzo, del negligente amministratore di condomini, dell’infido ex-marito e persino dell’avvocato che offre alla protagonista tutta la sua disponibilità ma poi finge di avere un ufficio e una famiglia. Rimane poi l’attenzione al contesto, in un vortice in cui l’ambiente, inteso sia in senso fisico che meteorologico, diventa a tutti gli effetti un personaggio nascosto. In questo senso gioca un ruolo estremamente importante il lavoro del direttore della fotografia Affonso Beato nel dipingere con raffinatezza paesaggi sempre lividi e cupi, sotto piogge scroscianti e infinite. La musica di Angelo Badalamenti, già co-autore delle inquietanti atmosfere dei film di David Lynch, è funzionale al sussulto dello spettatore sulla poltrona ma senza eccessi.

Il ruolo del minore e la sua rappresentazione

Di madre in figlia Sono due le bambine protagoniste del film, una reale e una immaginaria: da un lato c’è Cecilia, quattro anni, contesa dai genitori separati e costretta a vivere in un condominio fatiscente e cupo, dall’altro c’è la presenza ambigua della coetanea Natasha che rappresenta sia il fantasma della bambina morta nella cisterna sia il fantasma del passato drammatico di Dahlia. Il film procede tra queste due storie parallele che si incrociano e si confondono, in un misto di realtà e allucinazione a tratti difficilmente districabile. Cecilia vive con difficoltà la separazione dei genitori e non accetta di doversi trasferire in un quartiere periferico in cui gli edifici sono tristi e poco familiari. Questo la porta ad assumere un atteggiamento iniziale decisamente critico che la madre tenta inutilmente di aggirare. Tutto cambia quando Cecilia sale sul tetto del condominio e trova lo zaino appartenuto a Natasha. In quel momento tra lei e questa presenza immaginaria si crea un legame inscindibile e insondabile che può essere interpretato con spiegazioni soprannaturali, ma anche con più semplici problemi di sdoppiamento della personalità. Natasha rappresenta per Cecilia una bambina che sta soffrendo con la quale condividere l’ansia del futuro. Cecilia comincia dapprima ad avere un dialogo privilegiato con Natasha, poi, circondata dalla disapprovazione per questa strana amicizia, entra in aperto conflitto con l’amica e, quindi, con la propria interiorità. Nella seconda parte del film il suo personaggio viene accantonato, con l’espediente di prolungati periodi passati con il padre, per concentrare l’attenzioni sulle evoluzioni del personaggio della madre. Dahlia vede in Natasha se stessa bambina (non a caso è la stessa attrice ad interpretare i due ruoli): abbandonata dal padre e maltrattata dalla madre alcolizzata, Dahlia porta dentro di se le ferite, mai totalmente rimarginate, di un’infanzia infelice. Il legame tra i due personaggi, in un crescendo allucinatorio in cui la realtà e la fantasia si confondono, diventa sempre più saldo fino a portare ad uno sdoppiamento della personalità senza ritorno. Dahlia si riflette nella figura di Natasha ma, in una sorta di surreale auto-analisi, si sente responsabile delle sue sofferenze e decide quindi di farsene carico fino al sacrificio della vita. Dopo il ritrovamento del cadavere di Natasha nella cisterna, il fantasma della bambina torna prepotentemente nella mente di Dahlia e pretende di non essere abbandonata. La lotta tra realtà e allucinazione si sposta definitivamente su quest’ultimo versante e diventa per Dahlia una scelta fatale tra la morte della figlia o il proprio suicidio. Quasi a spezzare il sortilegio della propria infanzia, Dahlia sceglie la propria morte in un meccanismo di auto-eliminazione che vorrebbe essere eliminazione definitiva del male. Il finale ambiguo nel quale Cecilia percepisce la presenza della madre tra le infiltrazioni dell’acqua scura si presta a due interpretazioni possibili: da un lato c’è la consapevolezza da parte della piccola protagonista di un sacrificio necessario e risolutivo, dall’altro lascia supporre un irreversibile danno psicologico, un’eredità terribile passata di madre in figlia.

Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici

Per il linguaggio utilizzato e i temi affrontati Dark Water è adatto agli studenti degli ultimi anni delle scuole superiori, in grado di cogliere i complicati risvolti psicologici della vicenda e meno impressionabili da immagini piuttosto forti. Il film si presta ad un approfondimento sui temi dell’abbandono dei minori, della violenza domestica, della separazione dei genitori e delle conseguenze psicologiche dei traumi infantili. Per un maggiore approfondimento si consiglia anche la visione di Two Sisters (Kim Ji-Woon, 2003) in cui viene raccontato il rapporto conflittuale tra una bambina e la sua matrigna che sfocia nella malattia mentale e Ingannevole è il cuore più di ogni cosa (Asia Argento, 2004) che affronta il tema dei traumi infantili di una madre che si riflettono nel suo rapporto con il figlio. Ludovico Bonora  

E' possibile ricercare i film attraverso il Catalogo, digitando il titolo del film nel campo di ricerca. Le schede catalografiche, oltre alla presentazione critica collegata con link multimediale, contengono il cast&credits e una sinossi. Tutti i film in catalogo possono essere richiesti in prestito alla Biblioteca Innocenti Library - Alfredo Carlo Moro (nel rispetto della normativa vigente).