Famiglie in difficoltà, incontri su "Pippi" a Bari [1]
Aggiornamento del 7.02.2012: a causa del maltempo le due giornate dell'8 e 9 febbraio sono rinviate a data da definire.
Due giornate di studio sul tema delle nuove politiche di sostegno alla famiglia a partire dall'esperienza, in corso, del progetto nazionale Pippi (Programma di intervento per la prevenzione dell'istituzionalizzazione): a organizzarle, i prossimi 8 e 9 febbraio, è l'assessorato al welfare del Comune di Bari [2]. L'8 è previsto un workshop rivolto agli operatori sociali, mentre la seconda giornata avvierà un confronto tra rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, della Regione Puglia e del Comune di Bari e altri esperti sulle nuove politiche di sostegno alla famiglia. I due incontri, promossi in collaborazione con la Fondazione Giovanni Paolo II onlus [3], si terranno nel capoluogo pugliese.
Le due giornate saranno, dunque, l'occasione per proporre una riflessione su Pippi, ma anche per creare le condizioni sociali e culturali favorevoli per la prosecuzione delle attività e degli interventi sperimentati grazie all'iniziativa dopo la conclusione del progetto nazionale, che avrà luogo a dicembre 2012. Un precedente incontro su Pippi si è svolto a Torino lo scorso dicembre, ma l'appuntamento barese rappresenta il primo momento di riflessione e studio sui temi del programma aperto a tutta la cittadinanza e non solo a operatori, educatori e altri esperti. Altre giornate di approfondimento seguiranno nei prossimi mesi.
Il progetto - promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali [4] in partenariato con l'Università di Padova [5] e dieci città riservatarie [6] (Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Torino e Venezia) e avviato a marzo 2011 – si rivolge complessivamente a cento famiglie (dieci nuclei familiari per ogni città riservataria) con figli da zero a undici anni a rischio di allontanamento, negligenti rispetto alla loro educazione e cura. Il suo obiettivo è quello di «individuare, sperimentare, monitorare, valutare e codificare un approccio intensivo, continuo, flessibile, ma allo stesso tempo strutturato, di presa in carico del nucleo familiare, capace di ridurre significativamente i rischi di allontanamento del bambino o del ragazzo o di rendere l'allontanamento, quando necessario, un'azione fortemente limitata nel tempo, facilitando i processi di riunificazione familiare». Pippi ha previsto, fra le altre cose: la costituzione di équipe multidisciplinari di professionisti dei servizi; il pieno coinvolgimento delle famiglie e dei minori, veri protagonisti del programma, e la sperimentazione di forme innovative di partenariato tra mondo del sociale e mondo della scuola.
Alle due giornate dell'8 e 9 febbraio interverranno, tra gli altri: Maria Cecilia Guerra e Raffaele Tangorra, rispettivamente sottosegretario e direttore generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; Paola Milani, docente all'Università di Padova e responsabile scientifico del programma nazionale; Ludovico Abbaticchio, assessore al welfare del Comune di Bari e Anna Campioto, assistente sociale referente del progetto per il Comune di Bari.
Del progetto abbiamo parlato con Paola Milani, che ci ha illustrato come è nata questa iniziativa e qual è il ruolo degli operatori coinvolti, riportando un primo bilancio dell'esperienza portata avanti nelle città che hanno aderito a Pippi.
Come nasce il progetto? Ci sono esperienze significative, a livello internazionale e nazionale, che lo hanno ispirato?
L'Università di Padova è inserita in una rete internazionale di cui fanno parte ricercatori di diverse università di tutto il mondo che si occupano di tematiche legate al sostegno alle famiglie. Siamo quindi entrati in contatto con alcuni colleghi canadesi, inglesi, olandesi, francesi e di altri Paesi impegnati in esperienze simili. Un altro riferimento è l'esperienza realizzata in Veneto. Un nostro gruppo ha lavorato con la Regione nell'elaborazione di linee guida regionali sull'affido familiare e altri temi: in quell'occasione ci siamo resi conto che il tassello che mancava era il lavoro di sostegno alle famiglie di origine. Ulteriore elemento che ha ispirato il progetto è l'esperienza del gruppo di ricerca che ha redatto il Quaderno 48 – Accogliere bambini, biografie, storie e famiglie del Centro nazionale.
Il progetto Pippi è il primo del genere nel nostro Paese?
Sì. Sono stati realizzati, nel passato, progetti di prevenzione dell'allontanamento dei minori dalle famiglie di origine, ma si tratta di iniziative generiche, che non sono articolate e strutturate come Pippi. Il programma del Ministero è centrato sui contenuti dell'intervento, cioè su azioni specifiche con le famiglie, che sono poi valutate: la sua peculiarità è quella di unire il metodo al contenuto. La risposta dell'allontanamento non è più adeguata rispetto a una serie di situazioni intermedie emerse negli ultimi anni. Occorre capire, allora, quali sono le famiglie per le quali è necessario allontanare i minori e quali, invece, quelle per cui vale la pena realizzare altri interventi ottenendo buoni risultati.
Quali sono i professionisti coinvolti?
L'équipe multidisciplinare è composta dall'assistente sociale responsabile del caso, l'educatore professionale e lo psicologo. Figura, quest'ultima, di cui si fa più fatica a garantire la presenza in alcune città coinvolte nel programma. Il problema è dovuto alla difficoltà dei rapporti tra i comuni, che gestiscono il progetto, e le aziende sanitarie, da cui quasi sempre dipendono gli psicologi.
Pippi ha previsto una formazione ad hoc degli operatori?
Sì, abbiamo organizzato diversi incontri formativi. Il gruppo scientifico che segue gli operatori coinvolti nel progetto è composto da docenti, giovani ricercatori e due professionisti dei servizi. La formazione è un punto chiave del programma: l'obiettivo è quello di formare gli operatori affinché continuino a utilizzare il metodo di lavoro e gli strumenti sperimentati grazie al progetto anche dopo la sua conclusione, e li condividano con i colleghi.
Com'è orientato l'intervento di sostegno alle famiglie?
L'idea di base è che al centro dell'intervento non ci sia il bambino, ma il mondo del bambino. Il lavoro degli operatori si concentra, dunque, sugli “aggiustamenti relazionali” da fare all'interno della famiglia, sulla relazione tra il bambino e i genitori e sulle relazioni tra i minori, i genitori e l'ambiente esterno. Uno dei dispositivi di azione previsti dal programma è quello delle “famiglie di appoggio”, che hanno il compito di offrire alla “famiglia target” a cui si rivolge il progetto un sostegno concreto nella vita di tutti i giorni.
Quali sono le principali difficoltà incontrate nella realizzazione di Pippi?
Uno dei nodi critici emersi riguarda il sistema di collaborazione tra servizi istituzionali e servizi del privato sociale. In questo momento gli operatori dei servizi, sovraccarichi di lavoro, hanno trascurato il rapporto con la società civile e fanno fatica a trovare le famiglie di appoggio. Una città che ha fatto grandi passi su questo punto è proprio Bari. Un altro nodo critico è la mancanza di dialogo tra gli operatori e gli insegnanti.
Quali, in sintesi, i punti di forza e le criticità del progetto?
Uno dei punti di forza è sicuramente l'approccio proposto da Pippi alle famiglie, vere protagoniste del progetto. Un punto critico riguarda, invece, gli operatori, che avrebbero avuto bisogno di tempi più lunghi da dedicare alla formazione. Il progetto rappresenta, in conclusione, una grande risorsa, che s'inserisce, però, in un momento storico di forte crisi.
(Barbara Guastella)