Decalogo 7 - Non rubare

17/07/2009 Tipo di risorsa Schede film Temi Relazioni familiari Titoli Rassegne filmografiche

di Krzysztof Kieslowski

(Polonia, 1989)

Sinossi

La piccola Anja ha cinque anni ed è figlia naturale di Majka, che l'ha avuta a sedici anni dal rapporto con un insegnante. Per evitare uno scandalo, Ewa, madre di Majka, adottò Anja, facendo credere a tutti che la bambina fosse sua.

Quando Majka riesce ad ottenere un visto per il Canada vorrebbe portare Anja con sé ma la sua idea trova la ferma opposizione di Ewa che non ha mai voluto rivelare la realtà dei fatti alla piccina. In fuga dalla famiglia con la bambina, Majka si rifugia da Wojtek, l'uomo dal quale ebbe Anja: anche lui tenta di dissuaderla dal partire ma la donna fugge di nuovo. Ewa riuscirà a rintracciare le sue due figlie in una stazione: di fronte all'immagine di Anja che si getta tra le braccia di sua madre, Majka sale su un treno di passaggio per dire addio per sempre alla sua famiglia.

Analisi

“Si può rubare qualcosa che è già nostro?” Questa la domanda che Majka rivolge a Wojtek durante la breve permanenza in casa dell'ex amante nonché padre della piccola Anja. Semmai, è lei stessa ad essere stata derubata, afferma la giovane donna, allorquando sua madre decise di tenere nascosta la sua gravidanza e, successivamente, di adottare la bambina. Tuttavia, la pretesa di essere risarcita, che le venga restituito ciò che in passato le fu tolto, se trova un fondamento nella maternità biologica che la unisce alla piccola Anja, si scontra con il fatto che, nel corso del tempo, la bambina ha imparato a considerare come madre colei che, in realtà, è sua nonna. Al di là della tensione drammatica insita nella vicenda narrata, così come accade anche in altri episodi del Decalogo, l'ironia è il sottotesto dominante della sceneggiatura di Non rubare, un'ironia che, in questo caso, Kieslowski spinge fin sull'orlo dell'assurdo, rasentando il paradosso e mettendo lo spettatore di fronte all'impossibilità di decidere chi abbia rubato cosa a qualcuno. La classica vicenda che vede opposte due madri (una biologica, l'altra adottiva) per la tutela di un bambino si complica all'inverosimile perché le due madri sono unite da un legame forse infelice ma non meno forte di quello che le lega all'oggetto della loro contesa. In questo caso Majka non è soltanto una delle due mamme che lottano per il possesso della bambina, ma è lei stessa una figlia che ha perso la madre, visto che, da un certo punto in poi, quando era ancora adolescente, Ewa le ha preferito la piccola Anja. Inoltre, da un dialogo tra i genitori di Majka apprendiamo che la gravidanza indesiderata della ragazza era giunta, al contrario, proprio a proposito, desiderando Ewa un altro bambino che non aveva mai potuto avere dopo aver messo al mondo la prima figlia, ovvero la stessa Majka. Il comportamento possessivo di Ewa nei confronti di Anja e quello scostante verso Majka sono forse il riflesso inconscio di una donna che vuole vendicarsi della figlia e che realizza ciò che quella stessa figlia aveva reso impossibile. All'interno dello stesso dialogo, poi, è contenuto un ulteriore spunto di interesse, utile anche a fare luce su quel desiderio proiettivo negativo ma spesso determinante nella scelta di alcuni genitori di affrontare un percorso adottivo. Stefan, ovvero, accusa la moglie di essere sempre stata, quasi per deformazione professionale (la donna era direttrice di un istituto scolastico), sempre troppo esigente nei confronti della figlia che, dal canto suo, si era sempre sentita indegna dell'amore di sua madre. Adottando Anja, Ewa avrebbe potuto, in questo modo, realizzare sia il proprio sogno di maternità, sia avere una seconda possibilità in quanto madre, proiettando sulla bambina l'immagine della figlia che Majka non era stata in grado di incarnare. A decidere l'epilogo della vicenda sarà Anja che, messa al corrente da Majka su chi sia la sua vera madre, sceglie di tornare da Ewa, salvo poi protendersi verso il treno sul quale è salita la madre biologica. L'ultima inquadratura è un primo piano sul volto della bambina, un fermo immagine su un'espressione incredula che indica il suo essere divisa tra due poli (quello affettivo e quello biologico) che nel suo caso, a differenza da quello di qualsiasi altro figlio adottivo, avrebbero potuto coesistere serenamente.  

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